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Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2011 alle ore 08:22.

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Marco Patucchi, «Maratoneti», Baldini Castoldi Dalai Editore, Milano, pagg. 190; € 16,00.

Dal ponte Verrazzano
La strada è l'America e l'America è la strada. Dove poteva nascere se non in America, la terra di Bruce Springsteen, Thelma e Louise, la maratona per eccellenza? New York è il paradiso di tutti i vagabondi in cerca di sé. Ha quarant'anni la New York Marathon. La prossima si svolgerà domenica 7, oltre 45mila iscritti, di cui 4mila italiani, i più innamorati della Grande Mela. Sembrano preistoria quei giri attorno a Central Park nel 1970, voluti da Fred Lebow, un ebreo nato nella patria del conte Dracula, che faceva il venditore ambulante di tessuti e amava correre. Riuscì a mettere in palio mille dollari e vecchie coppe raccattate nelle cantine degli amici.

Oggi vip, atleti e appassionati da tutto il mondo, Gebrselassie in testa e a caccia del record del mondo, 800mila dollari in palio e una città che si inchina – quasi irrealmente – al potere degli uomini. Ci sarà anche il belga Steefan Engels, 48 anni, una maratona al giorno per tutto il 2010 (un record lui stesso). Il via alle 9,40, al massimo 8 ore e mezza per andare dal ponte di Verrazzano (nella foto) fino a Central Park, davanti al ristorante Tavern on the green. «Nella taverna non c'è tanta gioia quanta sulla strada che porta ad essa», parola di Cormac McCarthy.

Le altre gare
Per sempre è anche una città con la sua corsa. Venezia, fresca di maratona, chiama disabili, pedoni affaticati e nonni stanchi fra campi e campielli. La maratona di domenica scorsa ha lasciato in eredità a tredici ponti rampe con pendenze dell'8%, a portata di atleti e di tutti gli umani. La maratona sa essere democratica e per sempre. Evviva quelle vite che fanno il giro del mondo per capire i loro confini interiori. Dopo Venezia, magari Torino o Livorno (14 novembre), Firenze (28 novembre), Fukuoka (in Giappone, 5 dicembre), Reggio Emilia (12 dicembre), per finire a Calderara di Reno (Bologna), l'ultimo giorno dell'anno, cotechino e chilometri. E poi ricominciare il giro del mondo (sul pianeta ce ne sono 1.500) magari con Boston (19 aprile 2011), la più antica del mondo (1897) dopo Atene olimpica.

La dieta del maratoneta
Se volete correre sulle orme dei primatisti del mondo mangiate carne di struzzo, come l'anemica Paula Radcliffe, o la pasta amatissima da Haile Gebrselassie. Ma questi son mostri, non la misura di tutte le cose, di tutte le gare.
Umani, nei giorni che precedono la maratona, fate scorta di carboidrati, per non rischiare carenze di glicogeno che causano la crisi letale del muro: pane, pasta, riso, biscotti, patate. Anche se Stefano Baldini consiglia di non stravolgere più di tanto le normali abitudini alimentari. Importante è non esagerare per non gonfiarsi e arrivare leggeri al gran giorno. Al mattino, almeno due-tre ore prima della partenza, un pieno di zuccheri, vera benzina del corpo: tè o caffè con fette biscottate al miele o marmellata, o della frutta secca o della crostata. È tempo di correre, e alimentarsi: durante la corsa, la soluzione migliore sono sostanze zuccherine disciolte in acqua (maltodestrine, glucosio, saccarosio, fruttosio). Poi, mettete in tasca una bustina della vostra personalissima criptonite: solo volontà, nient'altro che volontà. E arriverete in scia a Paula e Haile. Anche senza carne di struzzo.

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