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Questo articolo è stato pubblicato il 03 aprile 2011 alle ore 17:59.

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Già, che cos'è internet? Un generatore di cultura o la conseguenza di una cultura? Descrivere la rete con un taglio netto, come si potrebbe fare con una lavatrice, è una tentazione grande quanto la sua complessità. Possiamo dire soprattutto quello che non è: non è Google, non è Wikipedia, non è Facebook. Non è il web. Non è un mezzo di comunicazione. ...
Internet non rende stupidi. Forrest Gump avrebbe dato una risposta precisa in merito: «Stupido è chi lo stupido fa». È tempo di abbandonare la retorica del giudizio su internet come se si dovesse analizzare l'esistenza di un mondo mediaticamente fatto solo di internet. Il mondo dei libri è meravigliosamente costruito dalle narrazioni lineari degli autori e dall'immaginazione proiettata dal lettore sul testo: ma un mondo fatto solo di libri non avrebbe senso. E del resto chi vorrebbe vivere in un mondo nel quale l'unico medium sia la televisione? In realtà, esiste un mondo nel quale le informazioni, i racconti e i messaggi viaggiano su un vero e proprio ecosistema mediatico, nel quale ogni elemento è connesso a ogni altro e dove ogni partecipante può coltivare la sua visione del senso delle cose. Il senso della sfera internettiana è la sua dinamica, che mette in discussione l'equilibrio dell'ecosistema mediatico e introduce logiche che potrebbero condurlo a migliorare.

Il fondamento di internet è semplice. Poiché abbassa all'infinito le barriere alla pubblicazione in qualunque formato digitale, moltiplica enormemente il numero di persone e gruppi di persone che pubblicano in qualunque linguaggio e usando qualunque design: quindi, riorganizza il modo in cui si sceglie a quali informazioni accedere, spostando il filtro dal momento che viene "prima" della pubblicazione – come avveniva quando erano gli editori a operare la selezione – al tempo che viene "dopo", aumentando il valore dei motori di ricerca. Favorisce chi fa. E impone di fare di più. Perché è evidente che anche la generazione di filtri si moltiplica: i punti di vista, le gerarchie di importanza e di qualità, i mestieri e le abitudini cambiano. Le conseguenze sono gigantesche. E non siamo che all'inizio.
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Il libro: «cambiare pagina»
Dagli anni 80 a oggi l'mmagine che ci siamo creati attraverso i media è passata soprattutto per la televisione. Ma oggi quel sistema sembra non funzionare più: nascono bisogni nuovi e cresce il desiderio di forme alternative di socializzazione. Spetta ai nuovi media accompagnare e costruire il cambiamento. Nel suo nuovo saggio (Cambiare pagina, Bur, pagg. 36, da cui è tratto l'articolo in pagina) il giornalista del Sole 24 Ore e blogger Luca De Biase spiega i meccanismi della comunicazione contemporanea e delinea i contorni di quella futura, per capire come la trasformazione del pubblico da spettatore a creatore possa rivoluzionare non solo l'universo mediatico, ma la nostra stessa vita.

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