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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2011 alle ore 16:22.

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Tra commedie e thriller all'americana, la vera perla del weekend è «Offside» del dissidente iraniano Jafar PanahiTra commedie e thriller all'americana, la vera perla del weekend è «Offside» del dissidente iraniano Jafar Panahi

La storica partita di calcio non si vede praticamente mai, si rimane sempre "offside" (termine che indica il fuorigioco) ad ascoltare le conversazioni fra le ragazze e i militari, tese a rivelare la situazione sociale e i rapporti uomo-donna nell'Iran contemporaneo.

Soltanto nella conclusione ci sarà spazio per la speranza di un futuro migliore: la nazionale di calcio, vincendo la partita, permette una riconciliazione comunitaria che solo lo sport, al giorno d'oggi, sembra poter realizzare. Nei festeggiamenti finali diventa infatti evidente la messa in scena del sogno di un Iran nuovo e diverso, per il quale Panahi ha sempre combattuto usando come arma la sua macchina da presa.

Gli altri titoli in uscita in questo secondo venerdì di aprile sono decisamente meno impegnati (salvo «Ju Tarramutu» di Paolo Pisanelli, uscito mercoledì a due anni di distanza dal terremoto dell'Aquila), a partire dall'atteso «Lo stravagante mondo di Greenberg» di Noah Baumbach.

Il protagonista, interpretato da Ben Stiller e citato già nel titolo, è Roger Greenberg, un single sulla quarantina appena dimesso da un ospedale psichiatrico, che torna a Los Angeles (dopo aver vissuto molti anni a New York) per non lasciare incustodita la villa di suo fratello, partito con la famiglia per una vacanza in Vietnam.

Nella metropoli californiana cercherà di riallacciare i contatti con diverse figure del suo passato (dal vecchio amico Ivan all'ex-fidanzata Beth), ma il suo interesse si sposterà presto verso una nuova conoscenza: Florence, la giovane assistente personale di suo fratello.

Dopo il notevole «Il calamaro e la balena» del 2005, il regista Noah Baumbach sembra essersi decisamente perso realizzando, dopo il pessimo «Il matrimonio di mia sorella» del 2007, un altro prodotto ben poco originale, privo (a parte in rare sequenze) di quegli sprazzi registici che aveva mostrato nella sua pellicola più nota.

A differenza delle belle sceneggiature che scrive per le regie Wes Anderson (da «Le avventure acquatiche di Steve Zissou» a «Fantastic Mr.Fox»), ne «Lo stravagante mondo di Greenberg» la scrittura di Baumbach è piatta, priva di svolte narrative, tesa a raccontare unicamente il classico "vuoto esistenziale" dei personaggi che mette in scena: un argomento sempre più abusato da un certo tipo di cinema indipendente americano che, come lo stesso regista, sembra aver perso quella creatività che aveva in passato.

A rendere ancor meno riuscita questa pellicola c'è un Ben Stiller decisamente sottotono, che si limita a ricreare tutti i cliché espressivi per interpretare un ex paziente di una clinica psichiatrica. Decisamente meglio di lui il cast di contorno: dal sottovalutato Rhys Ifans all'intensa Greta Gerwig, che (nei panni di Florence) si dimostra una delle nuove attrici del cinema a stelle e strisce da tenere in grande considerazione.

Secondo atteso film americano fra le uscite di questo weekend è «The Next Three Days», diretto da Paul Haggis con protagonista Russell Crowe.

L'attore neozelandese interpreta John Brennan, un docente di Pittsburgh che vede la moglie arrestata per un omicidio di cui si proclama innocente.

Dopo tre anni di inutili battaglie legali, con un figlio piccolo da crescere, John penserà a un piano perfetto per far evadere la moglie dal carcere e tornare a vivere liberamente insieme a lei.

Remake del francese «Pour elle» di Fred Cavayé (film del 2008 con Vincent Lindon e Diane Kruger, mai uscito nelle sale italiane), «The Next Three Days» è un tipico thriller americano contemporaneo, con i classici pregi (pochi) e difetti (molti) del caso.

Le svolte narrative risultano poco credibili a partire dalla metamorfosi del protagonista, da timido insegnante a giustiziere senza scrupoli, fino a una delirante mezz'ora finale in cui non c'è spazio per alcuna veridicità.
Dopo i sopravvalutati «Crash» del 2004 e «Nella valle di Elah» del 2007, Paul Haggis si conferma regista di scarso spessore, nettamente in difficoltà a far empatizzare il pubblico con le sue storie (persino in un film a tratti, comunque, coinvolgente come questo) senza ricorrere a effetti stilistici pacchiani e a scelte musicali decisamente retoriche.

Proprio come Noah Baumbach, anche lui ha fatto di meglio quando si è limitato a scrivere sceneggiature per altri registi: in particolare per Clint Eastwood con «Million Dollar Baby» e «Flags of Our Fathers».

Una conclusiva nota di merito va però agli attori: da un bravo Russell Crowe, in una delle performance più convincenti della sua filmografia recente, a un sempre efficace Liam Neeson, che regala un riuscito cameo nei panni di un esperto di evasioni.

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