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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2011 alle ore 11:33.

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Il Papa depresso di Moretti e Piccoli (Epa)Il Papa depresso di Moretti e Piccoli (Epa)

E il Nanni day arrivò. «Habemus Papam», tanto atteso e persino anticipato in (quasi) ogni dettaglio da un noto settimanale, arriva finalmente in sala. Lo fa con circa 500 copie e con i soliti colpi di scena del regista più amato, odiato, discusso d'Italia. Da mago della comunicazione qual è mette in piedi anche questa volta la tattica «mi si nota di più se vengo, non vengo o vengo e rimango in disparte» e decide solo all'ultimo di offrirsi alla stampa, peraltro con grande generosità.

Lo diciamo subito, «Habemus Papam», che naturalmente andrà a Cannes, è il miglior film del regista nativo di Brunico dai tempi di «Caro Diario». Il dramma di un uomo di fronte all'incarico abnorme che Dio e i suoi pari gli hanno conferito, l'ufficio di Santo Padre, è una di quelle sfide audaci che eravamo abituati ad apprezzare nel Moretti "apicelliano". Il collega Fabio Ferzetti, con un'intuizione delle sue, l'ha definito Palombella porpora e non si sbaglia.

Nel nuovo film di Nanni Moretti, infatti, si respira quella libertà espressiva e narrativa di Palombella rossa e il torneo di pallavolo tra i porporati, pur senza l'acqua dell'amata pallanuoto di allora, inevitabilmente ci fa tornare a quel regista "bagnato" da intuizioni geniali. E seppure, forse, in questo caso, non c'è la fluidità di un tempo, soprattutto nel riuscire ad amalgamare le varie parte del film, «Habemus Papam» lascia piacevolmente spiazzati. Grazie a un Michel Piccoli immenso - tanto da far già tifare, con un mese d'anticipo, per un suo premio a Cannes - e a un Moretti in stato di grazia, è proprio il caso di dirlo, questo dramma vaticano si fa apprezzare.

E l'unico difetto, lieve, lo si recupera in uno sviluppo asfittico della trama, a causa di una sceneggiatura che non riesce a staccarsi dal soggetto e a svilupparsi compiutamente, rimanendo schiacciata dal carisma di Piccoli, che con gli occhi e le espressioni sa disegnare una crisi tanto enorme da non poter essere compresa e spiegata e da quello del Moretti attore, nella parte dello psicanalista Brezzi. E proprio quest'ultimo è un personaggio che pur irresistibile nella sua autoironia e nelle sue trovate - il torneo di pallavolo suddetto, i cardinali che ballano con la voce di Mercedes Sosa, lo scopone psicoscientifico - risulta a volte disomogeneo rispetto al film e fa parte di quei momenti di scrittura che rallentano il film.

Detto questo, di sicuro Nanni sembra essere uscito dalla fase di autoreferenzialità politica e creativa per tornare alla persona, senza rinunciare a se stesso. E così non teme il gioco sui suoi presunti difetti - la presunzione di cui tutti lo accusano è l'oggetto della frase «che maledizione, me lo dicono tutti che sono il migliore!» - e si concede a quello spiccato senso della commedia, quasi comico, che in lui ha sempre avuto uno sviluppo originale e graffiante. «Habemus Papam» ci restituisce un autore e un attore libero dalle pastoie di una società troppo pesante e poco pensante, un cineasta di nuovo capace di guardare oltre e più generoso del solito: mai un altro attore diverso da lui, in un suo film, era stato così valorizzato. E forse, come un tempo, proprio non affrontando frontalmente la dura realtà politica e sociale, saprà raccontarla meglio. Speriamo di meritarcelo Nanni Moretti.

Esordio d'autore di Belen
Altro film italiano è «Se sei così ti dico sì». Nuova opera di Eugenio Cappuccio (suoi Il caricatore, Volevo solo dormirti addosso e Uno su due), rappresenta l'esordio d'autore, dopo «Natale in Sudafrica», di Belen Rodriguez. Il nuovo lungometraggio di un regista tra i più capaci del nostro cinema - ma anche tra i meno fortunati, forse per il suo essere fuori dal sistema come risulta evidente dalle sue scelte narrative - soffre del più classico dei "vorrei ma non posso". Almeno quattro o cinque scene sono da manuale - la performance sul palco della trasmissione I migliori anni, quella in America -, Emilio Solfrizzi offre una prestazione straordinaria. Ma tutto il resto crolla: non c'è un budget che supporti le ambizioni e risulta evidentissimo nella trasferta statunitense della coppia argentino-pugliese.

Solfrizzi è Piero Cicala, ex star italiana del pop che nel 1981 vendette più di un milione di copie con il singolo Io, te e il mare (canzone e cantante sono inventati, ma il pezzo è geniale). Provò a cavalcare il successo divenendo un autore, compose «Amami», il pubblico non lo accettò e lo condannò all'oblio. Sarà Carlo Conti con I migliori anni - trasmissione di raro cinismo, un esempio di tv trash imbarazzante - a riesumarlo dalla sua Savelletri, in cui Piero ha seppellito la popstar che fu, sotto chili di adipe, la calvizie galoppante e un lavoro di cameriere presso il ristorante dell'ex moglie, Iaia Forte. Deciderà di provare a tornare in auge e si esibirà su quel palco, in tv, stupendo tutti e intercettando la traiettoria della diva Talita Cortes, la Rodriguez, appunto. Il gossip e la casualità faranno il resto, tra baci e riflessioni un po' troppo retoriche.

Se sei così ti dico sì, dicendolo con le parole di Gaber, è un gabbiano che ha solo l'intenzione di volare, mostra i suoi talenti senza riuscire a metterli insieme, ha solisti di livello, ma schemi sballati. La sceneggiatura è fragilissima, tanto che il film a un certo punto risulta diluito e quelle poche scene davvero belle rappresentano un'eccezione nell'economia dell'opera. Sia Cappuccio che Solfrizzi- ma anche la comprimaria Rodriguez, che dimostra d'essere ben altro aldilà di un corpo e di una star vacua - meritano un'altra occasione e con mezzi adeguati.

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