Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2011 alle ore 08:21.

My24

Era il giorno di Ferragosto del 1498, e Cristoforo Colombo tornava nel Nuovo Mondo, con uomini e rifornimenti, ancora in cerca di nuove scoperte. Era partito dalla Spagna a fine maggio e ora vedeva una nuova terra ferma. Le coste erano ricoperte di verde e apparivano fertilissime. L'Ammiraglio del mare Oceano ordinò l'approdo in un golfo sconosciuto e vide che il fiume che vi sfociava aveva l'estuario molto ampio. I suoi velieri potevano quindi entrare nel cuore di quella terra misteriosa. Era tutta una meraviglia ai suoi occhi. Sembrava che le navi non stessero veleggiando in orizzontale ma quasi navigando in salita. Colombo pensava che la terra non fosse esattamente sferica perché, culminando nella montagna altissima del paradiso terrestre, doveva avere piuttosto la forma di una pera. Forse ora stava navigando verso il picciolo di quella pera, verso il paradiso.
Colombo notò che l'acqua da salata era diventata dolce, che il clima si era fatto temperato, che i selvaggi non erano poi così selvaggi perché apparivano attivi e intelligenti, accoglienti e di bell'aspetto. Dopo tutto Colombo stava cercando una nuova rotta per l'Asia. Durante il primo viaggio verso il Nuovo Mondo gli era sembrato che gli indigeni conoscessero il Gran Khan, quindi aveva concluso che il Catai non dovesse essere troppo lontano anche se nessuno aveva mai avvistato i palazzi d'oro di Zipango di cui aveva scritto Marco Polo. Ora i velieri non dovevano essere troppo distanti dalle coste orientali dell'Asia ma si trovavano più a sud, in prossimità del l'equatore. «Forse», pensò Colombo, «ci stiamo avvicinando al paradiso in terra». In effetti, secondo la Bibbia, il Giardino dell'Eden era un luogo sulla terra e i più importanti studiosi del tempo ritenevano che quel luogo misterioso e inaccessibile fosse nel lembo più orientale dell'Asia, vicino all'equatore. Ora l'ammiraglio era arrivato in oriente navigando verso occidente e si trovava praticamente sulla linea equatoriale. Forse quello era il motivo della presenza di tanta acqua dolce nonostante la vicinanza del mare; forse quello era un fiume del paradiso e forse quella sensazione di andare in salita era dovuta al fatto che le navi stavano salendo verso la montagna dell'Eden. In ogni caso Colombo non sperava di poter accedere con le sue caravelle al paradiso di Adamo. Sapeva benissimo che il Giardino dell'Eden, dove erano stati Adamo ed Eva e che ancora esisteva in qualche regione remota della terra, era inaccessibile. Pensava di trovarsi vicino al paradiso in terra ma non immaginava di poterci entrare: nessuno, dopo il peccato originale, poteva farlo! Colombo concepiva in tutt'altro senso l'ingresso in paradiso: in un senso temporale, più che spaziale. Pensava che il suo viaggio fosse voluto da Dio e che la predicazione del Vangelo in tutta la terra fosse il segno dell'imminente fine del mondo, per cui l'arrivo nel Nuovo Mondo e la conversione degli indigeni dovevano rappresentare l'ultima tappa della storia umana. Le caravelle avevano navigato verso il regno messianico. L'umanità si stava avvicinando all'Eden nel senso che avrebbe presto recuperato la purezza delle origini progredendo verso il compimento dei tempi.
Colombo non è stato il solo a credere che le scoperte nella geografia fossero il preludio della fine, il segno di una marcia della storia verso la perfezione degli inizi. L'America per molti è stata la nuova Terra Promessa. I coloni europei dell'età moderna speravano di ritrovarvi la purezza delle loro origini.
Il paradiso in realtà si nasconde in tanti luoghi della terra: e non solo dove, nel corso della storia, i cristiani hanno localizzato il biblico Giardino dell'Eden ma anche nei luoghi esplorati dai pionieri della ricerca geografica e in quelli che hanno visto fiorire altre civiltà e altre visioni paradisiache: in India, in Cina, in Africa, in America... Il paradiso si nasconde nei posti più impensati: sulla luna, sul fondo degli oceani, in luoghi interiori... Il paradiso sembra essere sempre altrove, sempre inaccessibile, sempre fuori dal tempo. È esistito ieri, tornerà ancora domani, oppure è solo dietro l'angolo, in un'isola remota, oltre l'oceano. Il paradiso è una finestra sempre aperta sull'orizzonte dell'altrove.
Tutti i popoli hanno la nostalgia di una gioia vissuta all'inizio di tutto e l'anelito per una gioia da vivere alla fine di tutto; ogni civiltà ha immaginato uno stato paradisiaco, un luogo paradisiaco, un tempo paradisiaco; il paradiso non è da nessuna parte, eppure sembra essere ovunque.
La nostalgia del paradiso prende tanti nomi e assume tante forme. Scienziati, esploratori, cercatori di paradisi: tutti inseguono il passaggio segreto, tutti vogliono trovare quel punto dorato dove il terrestre diventa celeste, l'effimero eterno. Quando però troviamo quello che cerchiamo, quello che veramente cerchiamo rimane sempre nascosto. E quando lo spazio non offre più niente o quando sembra che da nessuna parte il cielo tocchi veramente la terra allora pensiamo che sarà soltanto questione di tempo e l'altrove diventa domani. Si sogna di poter approdare alle isole felici sul battello di una qualche rivoluzione solcando quell'oceano di vicende che è la storia, compiendo un viaggio nel tempo e nel progresso, più che nello spazio, per giungere al paradiso in terra di un nuovo mondo sociale.
Sogni destinati a diventare incubi; tempi perduti; spazi inaccessibili; eppure tutte le tradizioni sostengono che queste utopie, anche se non esistono da nessuna parte, esistono veramente. Se inseguiamo le nostre utopie sul piano della geografia e della storia riusciremo, forse, a compiere un percorso ma il viaggio sarà sempre tra un luogo e un altro, tra un momento e un altro.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi