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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2011 alle ore 17:51.

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Bertrand Bonello (Ap)Bertrand Bonello (Ap)

Alla proiezione stampa del film di Bertrand Bonello «L`Apollonide – Souvenirs de la maison close» che partecipa oggi in concorso per la Francia, i fischi sono stati assai più numerosi degli applausi. Molti si sono chiesti che cosa ci facesse in gara nella sezione più prestigiosa del festival un film su una casa di tolleranza dei primi del Novecento che ricalca i più triti stereotipi e può contare soltanto sulla bellezza formale della messinscena e quella assai carnale delle sue dodici protagoniste, fra cui anche la nostra Jasmine Trinca.

Il Bordello-Bonello
Fra clienti sadici e maitresse tiranniche che gestiscono la casa di piacere (non certo per le giovani prostitute) come se fosse uno sweatshop cinese, il gran tour delle banalità sul tema diventa presto completo e la trama annoia invece di stuzzicare. Probabilmente il film di Bonello (subito ribattezzato sulla Croisette "Bordello") è in concorso per lo stesso motivo per cui vi ha partecipato anche «Sleeping Beauty»dell'australiana Julia Leigh, ovvero per suscitare un po' di scandalo e guadagnare un po' di attenzione dai media con qualche nudo "d'autore".

Le sezioni collaterali
Presenze (o assenze, dal punto di vista artistico) come questa in concorso fanno venire voglia di guardarsi intorno nelle sezioni collaterali, scoprendo alcune chicche fra i film appena visionati dalla stampa. A cominciare da «La guerre est déclarée», il film di apertura della Semaine de la critique, diretto dalla 38enne Valerie Donzelli e scritto insieme al suo compagno di vita Jérémie Elkaim sulla base della loro vera storia: la scoperta che il figlio di 18 mesi aveva sviluppato un tumore al cervello. Nonostante l'elemento autobiografico, o forse proprio grazie a quello, la lotta dei due genitori nell'affrontare la malattia del figlio viene raccontata senza il minimo pietismo, alternando in maniera davvero originale comicità e pathos, e sfuggendo ad ogni cliché. L'agilità con cui il film si muove fra generi e toni diversi (e che sembra appartenere alla nuova generazione di registe francesi, vedi anche la 35enne Maiwenn di «Poliss», in concorso a Cannes) è la sua vera marcia in più e rende la narrazione originale e coinvolgente.

A interpretare i ruoli principali sono la stessa regista e il suo compagno, in un riuscitissimo esperimento di cinema verite che però si allontana deliberatamente dal documentario per trovare innumerevoli soluzioni creative e narrative. «La guerre est declaree» non e' un melodramma, ma una storia d'amore tra due genitori giovani e un bambino che rifiutano di arrendersi e - possiamo dirlo, anche per invogliare chi volesse vederlo - emergono vincitori dalla loro odissea. Una bella lezione di ottimismo, oltre che di cinema.

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