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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2011 alle ore 20:42.

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Il film di Sorrentino e le chances per la Palma d'oro (Epa)Il film di Sorrentino e le chances per la Palma d'oro (Epa)

Scaramanticamente Paolo Sorrentino fa orecchio da mercante, quando lo si provoca sulla possibile Palma d'oro. Il suo film "This must be the place", presentato oggi alla 64esima edizione del Festival di Cannes, ha parecchie chances di ambire al maggior riconoscimento che la Croisette tributa.

Anche se gli applausi a fine proiezione da parte della critica non erano stati scroscianti, tuttavia questo film sarebbe la risposta migliore alle provocazioni di Lars von Trier, in gara con Melancholia, circa le sue simpatie nei confronti di Hitler e le esternazioni non lusinghiere sullo stato di Israele. La direzione del festival ha già punito il regista danese bandendolo dalla kermesse come persona non gradita, lasciando però la sua pellicola in concorso.

La Palma d'oro al film di Sorrentino, che racconta la tragedia dell'Olocausto, vista da un buco della serratura tutto speciale, potrebbe essere un modo di rimarcare ulteriormente le derive nazifasciste di chiunque, soprattutto di personaggi pubblici, anche fatte per esibizionismo o in virtù di un umorismo noir. "This must be the place" racconta la storia di Cheyenne, magistralmente interpretato da Sean Penn, rockstar cinquantenne, ex eroinomane e depresso, alla resa dei conti con la sua adolescenza fuori tempo e con la sua musica, che non suona più. Cheyenne vive in una meravigliosa casa in Irlanda, annoiato e in preda ai rimorsi per la sregolatezza dei suoi testi, che generano turbamenti anche esiziali sugli adolescenti.

Alla notizia della morte del padre decide di tornare negli Stati Uniti per partecipare al funerale, nonostante i rapporti si fossero interrotti da più di trent'anni. Sul letto di morte scoprirà che il numero tatuato sull'avambraccio del padre, altro non è che un numero di matricola nel campo di concentramento di Auschwitz. Cheyenne sa poco e niente dell'Olocausto, ma impara in fretta e decide di cercare e vendicarsi del nazista che torturò il genitore nel lager. E'intenso il film di Sorrentino, con una fotografia meravigliosa, ironico, teneramente irrituale. Sean Penn è un magistrale cinquantenne interrotto, al culmine della distonia tra la sua età e il comportamento infantile, egotico, ma con un fondo ancora puro, da cui si intravede della bontà.

Se il film non vince la Palma d'oro, a Penn dovrebbe andare il riconoscimento come migliore interprete maschile (sempre che non vada a Michel Piccoli per "Habemus papam"). D'altra parte la pellicola è stata strutturata su di lui. "Se non c'era Sean Penn non c'era il film", ha spiegato Sorrentino. I due si erano conosciuti sulla Croisette nel 2008, quando il regista napoletano si era aggiudicato il premio della giuria con il "Il divo". Fu lì che Penn dimostrò la sua disponibilità immediata a recitare per Sorrentino, per qualunque parte e con qualunque copione.

Domenica è vicina, tifiamo tutti per Sorrentino.

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