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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2011 alle ore 20:39.

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Paolo Sorrentino (Epa)Paolo Sorrentino (Epa)

Sfila anche Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, sul red carpet assieme al regista Paolo Sorrentino, all'attore Sean Penn e al cast di "This must be the place", per la proiezione ufficiale della pellicola in concorso alla 64esima edizione del festival del cinema di Cannes. Il film di Sorrentino, costato 25 milioni di dollari, è prodotto da Indigo Film, Lucky Red e Medusa Film, in coproduzione con ARP, France 2 Cinèma, Element Picture e con la collaborazione di Intesa Sanpaolo. Il venditore ufficiale è Pathé.

Intantoha appena chiuso i battenti il Marché du Film, il mercato di cinema più grande del mondo. Per ora il volume di affari è stimato intorno ai 25 milioni di dollari di contratti firmati e un volume d'impegni almeno quattro volte più grande, superando il risultato dell'anno scorso che si attestava attorno agli 80 milioni dollari. I titoli più venduti sono stati "The Artist" (già acquisito per l'Italia da Bim), l'americano "The Wolf of Wall Street" con Leonardo Di Caprio, l'inglese "The Iron Lady" su Margaret Thatcher. Bene anche l'Italia, che ha venduto "Habemus Papam" di Nanni Moretti in 36 paesi e alcune commedie generazionali, richieste in America Latina, Spagna, Germania e il Giappone.

Cannes è il più importante appuntamento mondiale per il mercato del cinema. Ci tiene a precisarlo più volte e con forza Jérome Paillard, direttore generale e anima del Marché du film. I numeri sono effettivamente impressionanti e giustificano il malcelato orgoglio di Paillard: più di 10mila partecipanti provenienti da un centinaio di Paesi, 4mila titoli di film, 1500 proiezioni in nove giorni, 600 espositori in un area di 13mila metri quadrati. «È difficile quantificare il giro d'affari – spiega Paillard -. Approssimativamente possiamo parlare di 80 milioni di dollari. Anche se sicuramente in questi anni c'è stata un flessione e non certo dei partecipanti, che invece sono più che raddoppiati».

A causare il decremento non sarebbe nemmeno la crisi economica che ha investito l'Occidente. «La crisi non c'entra – continua il direttore generale del Marché du film -. E non possiamo nemmeno dire che si producano meno pellicole. Il vero problema è che il mercato dei dvd sta affondando, perché molti, soprattutto i giovani, scaricano da casa illegalmente». Ma a parte l'annosa questione della pirateria, nulla sembra scalfire la grandeur del mercato di Cannes, nemmeno la tigre asiatica, dove imperversa Bollywood e la Cina in cui si apre una multisala al giorno. Qui il box office, secondo quanto riporta la rivista "Film business Asia", nel 2010 ha incrementato il botteghino del 64% rispetto al 2009, con un incasso di 1 miliardo e mezzo di dollari.

«Il mercato Cannes ha l'assoluto predominio nel settore – precisa Paillard -. Lo segue l'American market di Los Angeles, quello europeo di Berlino, quello di Toronto e solo in coda troviamo il Filmart di Hong Kong». Nemmeno nominato quello italiano anche perché il Mifed, il mercato internazionale del cinema e dell'audiovisivo di Milano, è morto qualche anno fa. «Non certo per colpa nostra – spiega Paillard -. Semplicemente perché gli americani hanno deciso di non andare più e di rimanere a Los Angeles, visto che le due fiere si svolgevano nello stesso periodo». Risultato è che ora sono gli italiani ad andare a Los Angeles.

Per quanto riguarda il mercato, alla Mostra del cinema di Venezia è sempre stato piuttosto ridotto e questo continuo tentennare sul completamento del palazzo del cinema al Lido certo non aiuta la situazione, visto che, come insegna Cannes, festival e mercato devono essere compatti. Qualcosa si fa al Festival internazionale del film di Roma e al Torino Film festival, che però si concentra soprattutto sul finanziamento dei progetti. C'è da dire che il nostro cinema quest'anno si è ripreso alla grande, fosse anche solo per le commedie, che hanno fatto grossi risultati al botteghino con numeri che non si vedevano da anni. Dal primo gennaio all'3 maggio "Che bella giornata" con Checco Zalone ha totalizzato più di 43 milioni, "Qualunquemente" con Antonio Albanese più di 15 milioni, "Immaturi" altrettanto, "La banda dei babbi natale" quasi 8 milioni e mezzo.

Saranno anche pellicole lontanissime dal pregio della commedia all'italiana che bastonava i difetti nostrani, o dal Neorealismo per cui l'Italia era diventata sinonimo di buon cinema in tutto il mondo, o anche dal cinema di autore degli anni Sessanta che sbancava il box office e per questo veniva chiamato superkolossal d'autore. Comunque sia, si sa che i soldi delle commedie servono a dare ossigeno alle casse e a finanziare le opere impegnate. «Cannes è un punto fondamentale del mercato – sottolinea Paolo Protti, presidente dell'Agis -. L'Italia dovrebbe tornare a giocare un ruolo più centrale in questo senso, avere una sede unica di prestigio a Venezia, ma ci vogliono strutture adeguate. Per quanto riguarda il successo al botteghino della commedia all'italiana ne siamo felici, ma ci auspichiamo che accada anche per i film stranieri. Questo è un settore intrecciato, la cui economia è solida se tutti i film vanno bene allo stesso modo».

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