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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2011 alle ore 08:21.

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Era l'inverno del 1991 quando mandai una nota a «Nature» nella quale descrivevo le proprietà funzionali di un sorprendente tipo di neuroni che Giuseppe Di Pellegrino, Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese e io stesso avevamo scoperto nella corteccia premotoria di scimmia. La caratteristica fondamentale di questi neuroni era quella di diventare attivi sia quando la scimmia compiva un determinato atto motorio (ad esempio afferrare un oggetto) sia quando osservava un altro individuo (scimmia o uomo) compiere lo stesso atto. Questi neuroni sono ora noti come neuroni specchio.
«Nature» non accettò il nostro lavoro per il suo «lack of general interest» e suggerì la pubblicazione in una rivista specializzata. Così avvenne. La nota venne pubblicata pochi mesi dopo su «Experimental Brain Research» e il lavoro in extenso su «Brain» nel 1996.
Nonostante il loro «lack of general interest», i neuroni specchio suscitarono, fino dalla loro prima descrizione, un grande interesse non solo tra i neuroscienziati, ma anche tra persone che lavorano in campi lontani dalle neuroscienze: filosofi, sociologi, etologi, artisti, e perfino gente di teatro. Perché? La ragione è semplice: la scoperta indicava una nuova maniera di capire gli altri.
Immaginate la scena seguente. Entrate in un bar. La vostra attenzione si concentra su una persona che afferra un boccale di birra. Voi capite immediatamente che cosa questa persona sta facendo e, a seconda di come afferra il boccale, capite subito quali siano le sue intenzioni: ad esempio capite se vuole bere la birra o se ha preso il boccale per darlo a un amico. Come fate? Una maniera possibile è mediante un processo logico inferenziale. Ragionate su ciò che vedete e infine arrivate a una conclusione. Agite come degli Sherlock Holmes. Un'altra maniera possibile è quella di capire gli altri mettendosi nei loro panni. È ancora un processo cognitivo ma meno astratto. Questi atteggiamenti cognitivi sono certamente importanti in certe situazioni, ma non è quello che facciamo nella vita di tutti i giorni. Quando osserviamo un'azione altrui, questa "intrude" nel nostro sistema motorio, automaticamente, e noi capiamo cosa fa l'altro senza alcuno sforzo cognitivo perché dentro di noi si attiva uno schema motorio simile a quello di chi fa l'azione. I neuroni specchio sono il meccanismo che permette questa comprensione (gli esperimenti che provano che i neuroni specchio permettono la comprensione diretta degli atti altrui sono stati pubblicati e li riassumerò a New York).
La scoperta dei neuroni specchio è stata fatta nella scimmia. Successivamente, mediante varie tecniche per lo più non invasive (elettroencefalografia, tecniche di neuroimmagini, stimolazione magnetica transcranica eccetera) si è visto che le informazioni sensoriali (visive, acustiche o addirittura olfattive) che caratterizzano un'azione, si trasformano nello schema di quell'azione anche nell'uomo. L'uomo possiede quindi il meccanismo specchio.
Sia nella scimmia, sia nell'uomo i neuroni specchio sono presenti non solo nelle aree premotorie, ma anche in altre aree tra cui quelle che controllano le emozioni come ad esempio l'insula e il giro del cingolo. Non esiste quindi solo un sistema dei neuroni specchio limitato all'area premotoria e alle aree a questa collegata. Esiste un meccanismo generale di trasformazione sensori-motoria. Quando il meccanismo specchio si attiva nelle aree emozionali, vivremo l'emozione degli altri, mentre quando si attiva in circuiti che controllano le azioni cosiddette "fredde" (non emozionali), capiremo queste azioni e le intenzioni di chi le compie.
Il primo e fondamentale motivo dell'esistenza del meccanismo specchio è quindi quello di mettere in contatto il mondo esterno con le nostre esperienze. È un meccanismo che ci permette di capire gli altri dall'"interno". Qui bisogna chiarire però un punto che ha spesso generato confusione. Si è spesso detto che l'attivazione dei neuroni specchio permette, quasi per magia, di capire gli altri. Non è così. Non c'è niente di magico nella scarica dei neuroni specchio. Molto più semplicemente quando i neuroni specchio si attivano, determinano l'eccitazione di neuroni in altre aree motorie corticali, inclusi, come recentemente dimostrato da Kraskov e Lemon a Londra, neuroni cortico-spinali e neuroni del sistema extrapiramidale. Questo complesso schema motorio attivato dall'esterno è simile a quello che si attiva quando volontariamente decidiamo di compiere un'azione. Sappiamo quindi, senza alcun intervento inferenziale cosa l'altro sta facendo e intende fare.
La stessa cosa vale per i sistemi emozionali. Un recente lavoro di Caruana e collaboratori ha dimostrato che la stimolazione del l'insula nella scimmia determina, a secondo del luogo di stimolazione, diversi comportamenti emotivi. Caruana e collaboratori hanno quindi iniettato dei traccianti nelle zone stimolate e hanno ricostruito i circuiti anatomici delle varie zone stimolate. Si è visto che ognuno di questi include specifici centri motori e vegetativi. Questi circuiti emozionali sono alla base delle emozioni causate da stimoli naturali (ad esempio, odore sgradevole: disgusto). Quando vediamo il disgusto espresso nella faccia di una persona, grazie ai neuroni specchio, si attivano gli stessi circuiti motori e vegetativi che si attivano in risposta a stimoli naturali e noi abbiamo la stessa emozione che prova l'altro.

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