Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2011 alle ore 08:21.

My24
AAgostino, il Caravaggio ritrovato - Radiografie e riflettografie eseguite nel 2010 dall Hamilton Kerr Institute di CambridgeAAgostino, il Caravaggio ritrovato - Radiografie e riflettografie eseguite nel 2010 dall Hamilton Kerr Institute di Cambridge

Passeggiando nei giardini del Quirinale, in occasione della celebrazione della ricorrenza del 2 giugno, rievocavo con il consigliere di Stato Damiano Nocilla, già segretario generale del Senato, il successo della mostra «Caravaggio e i Giustiniani» che si inaugurò nel gennaio 2001 a Palazzo Giustiniani con una coda di folla che arrivava fino al Pantheon. Io stessa, che avevo dedicato alle ricerche necessarie alcuni anni della mia vita, ero incredula e, certo, felice. Il padrone di casa era il presidente del Senato di allora, Nicola Mancino. L'esposizione riportava nella sede originaria capolavori dell'antica collezione Giustiniani dispersi in vari musei del mondo. La qualità delle opere riunite – e non mancarono le scoperte, come una statua di Michelangelo inedita nota solo attraverso le fonti – rivelava il gusto raffinato e colto di Benedetto e Vincenzo Giustiniani. Cercai di lasciar parlare i due collezionisti, e di ricostruire quella magica commistione, evidente nella prima e nella seconda stanza dei quadri antichi (descritte dagli inventari), fra artisti del '400 e del '500, e pittori viventi, scelti con estremo rigore qualitativo.

Michelangelo Merisi detto Caravaggio era ammesso interamente nell'Olimpo voluto e pensato dal marchese Vincenzo. I suoi dipinti sono elencati in questo prestigioso contesto: per i Giustiniani il maestro aveva dipinto capolavori come L'amore vincitore (Berlino, Gemälde Galerie) o L'incredulità di S. Tommaso (Potsdam, Bildergalerie von Sanssouci). I Caravaggio dei Giustiniani erano ben quindici, ma ce ne sono pervenuti solo cinque. Altri tre (S. Matteo con l'angelo, Cristo nell'orto, Fillide) sono stati distrutti (oppure sono spariti) a Berlino alla fine della Seconda guerra mondiale, e li conosciamo solo in fotografia. I rimanenti quadri sono un autentico chiodo fisso per noi studiosi: non muore mai la speranza che improvvisamente riaffiorino da qualche parte.

Oltre un anno fa, nel maggio 2010, mi venne sottoposto un dipinto inedito, raffigurante S. Agostino, emerso da una collezione privata spagnola. Mi resi conto che si trattava dell'opera di Caravaggio descritta negli inventari redatti personalmente da Vincenzo Giustiniani e trascritti dal notaio nel 1638: «Un quadro d'una mezza figura di Sant'Agostino depinto in tela alta palmi 5. e 1/2 e larga 4. 1/2 incirca di mano di Michelangelo da Caravaggio con sua cornice negra» conservato nella prima stanza dei quadri antichi. Questo quadro rimase nella collezione Giustiniani per secoli, menzionato in tutti gli inventari successivi fino alla vendita, avvenuta fra il 1857 e il 1862.

Sovente vengono compiute attribuzioni e identificazioni attraverso il confronto con inventari di antiche collezioni. Ma il nesso è spesso molto aleatorio. Non in questo caso. Un'etichetta in pergamena posta sul retro del telaio costituisce una connessione inequivocabile. La scritta su di essa non era di immediata comprensione, ma per fortuna il secondo dei tre volumi da me pubblicati nel 2003 presso Einaudi, contenenti tutti gli inventari della collezione e redatti in varie epoche, mi ha offerto la spiegazione. Le parole scritte sull'etichetta forse dalla mano del collezionista spagnolo che acquistò il S. Agostino sono precisamente queste: «Procedencia del Marqués Recanelli en la calle del gobierno». Si tratta del marchese Pantaleo Vincenzo Giustiniani Recanelli, il quale nel 1857 era divenuto, dopo una lunga causa, l'erede legale dei resti della collezione Giustiniani (la parte maggiore era già stata venduta nel 1815 al re di Prussia) e si era insediato nell'antico palazzo. Il termine spagnolo «calle del gobierno» è la traduzione di Via del Governo, ossia l'indirizzo di allora (al n. 38) di Palazzo Giustiniani (la strada ha cambiato nome, e oggi si chiama via della Dogana vecchia). L'indirizzo «Via del Governo» compare nell'avviso a stampa della pubblica asta «di quadri antichi appartenenti alla Galleria dell'ecc.mo Patrimonio Giustiniani», datato 13 aprile 1859.

Dunque è fuor di dubbio che questo quadro provenga direttamente dall'antica collezione dei Giustiniani. Ma dopo aver descritto il percorso documentario, vorrei parlare del dipinto, quale esso ci appare, dopo una pulitura resa necessaria da ossidazioni e da una patina scura che velava la superficie. Questa velatura mi fece sospettare che ci fosse lo zampino di Margherita Bernini, una restauratrice che – presentata dal pittore Pietro Angeletti, autore dell'inventario della collezione Giustiniani del 1793 – attorno al 1788 aveva trattato molti quadri della collezione Giustiniani con quella che lei chiamava la «magica manteca», ossia un beverone a base di chiara d'uovo da spennellare sulla tela, che lasciava una traccia non priva di colature e che sarebbe assai ingiallita negli anni. Il 1788 era il momento della polemica condotta da Filippo Hackert sul «Giornale delle Belle Arti» contro l'uso della vernice sulle pitture, e in quell'occasione la Bernini fece i suoi esperimenti. Il suo "trattamento" l'avevo già rilevato, ad esempio, nella serie degli Apostoli di Francesco Albani, proveniente dalla collezione Giustiniani (che ritrovai nella Moritzkirche di Naumburg, lì esiliati da Wilhelm von Bode, direttore dei Musei di Berlino), e quindi mi saltò immediatamente agli occhi nell'atto di esaminare il S. Agostino prima della sua pulitura. Le radiografie e riflettografie, eseguite nel 2010 dallo Hamilton Kerr Institute di Cambridge, hanno altresì rivelato numerosi, piccoli pentimenti, fra cui uno assai tipico di Caravaggio, lo spostamento dell'orecchio di un centimetro più a sinistra. Si nota la tecnica di Caravaggio nel lasciar affiorare la preparazione bruna fra campiture di colore diverse, come scrive il Bellori: «Lasciò in mezze tinte l'imprimitura della tela». Il restauro ci ha restituito dei colori delicatissimi, caratteristici delle opere del Merisi anteriori al 1600, un'estrema precisione nelle masse e nei contorni e una sapiente orchestrazione dei piani spaziali e dei valori ottici.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi