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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2011 alle ore 08:21.

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AAgostino, il Caravaggio ritrovato - Radiografie e riflettografie eseguite nel 2010 dall Hamilton Kerr Institute di CambridgeAAgostino, il Caravaggio ritrovato - Radiografie e riflettografie eseguite nel 2010 dall Hamilton Kerr Institute di Cambridge

Le dimensioni della tela – centimetri 120x99 – corrispondono a quelle indicate in palmi dagli inventari: tela alta palmi 5. e 1/2 e larga 4. 1/2 incirca. La figura del Santo, come usava fare Caravaggio, è a grandezza naturale. La mano sinistra si appoggia sul libro come una conchiglia, e noi contempliamo la parte superiore delle dita, le ombre proiettate sulla pagina e i colpi di luce che giungono dall'alto e da sinistra. Ma vediamo anche, con perfetta raffigurazione prospettica, la parte interna, ossia la cavità del palmo della mano, dolcemente sollevata, con un movimento che ricorda, pur con differenze, la mano soave dell'angelo che poggia su quella di S. Matteo nella prima versione della pala Contarelli per la chiesa di S. Luigi dei Francesi, poi acquistata da Vincenzo Giustiniani e perita nel disastro di Berlino nel 1945. La massa scura dell'abito di Agostino, cinto dalla rituale striscia di cuoio, fa da centro della composizione, la testa barbata emerge dalla cocolla e ce lo mostra ancora giovane, con la tonsura circondata da un'aureola di capelli, con la fronte illuminata da una luce che accarezza il viso, le palpebre semi abbassate (motivo che ricorre di frequente nel Merisi) e lo sguardo intento alla lettura di un volume posto alla sua sinistra, mentre la mano destra è intenta a scrivere, anzi a trascrivere, su un foglio sull'altro lato.

Le rughe appena accennate della fronte, viste da vicino, sono tratteggiate con delle linee scure alternate a linee rossastre che danno da lontano un effetto di leggero rilievo, nello stesso modo con cui sono disegnate le rughe sul viso del S. Gerolamo della Galleria Borghese. La cura dei dettagli è estrema, una penna d'oca è stretta fra l'indice e il pollice, mentre un'altra penna giace appoggiata sopra al calamaio, vicino al coltellino che serve per tagliarne la punta.

Il calamaio di forma ovale, è lo stesso, identico, che vediamo poggiato sul tavolo nella Chiamata di S. Matteo, tela laterale della Cappella Contarelli, opera di Caravaggio che segue al contratto datato 23 luglio 1599. Qui apro inciso. La Congregazione della Fabbrica di S. Pietro, di cui faceva parte il cardinale Benedetto Giustiniani, aveva tolto ai Crescenzi – vedi l'avviso del 12 luglio 1597 – la gestione del cospicuo lascito Contarelli per la decorazione della Cappella e aveva ingaggiato Caravaggio. Baglione scrive «per opera del suo cardinale hebbe in San Luigi de' Francesi la cappella Contarelli» e si è sempre detto che si trattava del cardinal del Monte, ma è più probabile, a mio parere, che dietro le quinte ci fossero anche i due fratelli Giustiniani, il cui palazzo è di fronte alla chiesa di S. Luigi, e i cui rapporti con l'area filo francese (e di riflesso filo mediceo) del clero erano strettissimi: infatti Vincenzo acquistò, come ho già detto, la prima versione della pala d'altare della chiesa dei Francesi. Le vicende documentarie sono complesse e contraddittorie, ma certo è che nel contratto del 23 luglio 1599, che specifica 400 scudi con acconto di 50, più la fornitura del costoso azzurro "oltramarino" a Caravaggio, per i laterali della Cappella Contarelli "consegnati", appare padre Berlingherius, iudex et deputatus per conto della Fabbrica di S. Pietro.

Tornando al S. Agostino, un panno verde copre il tavolo, il cui piano prospetticamente inclinato ospita anche un volume posto in primo piano leggermente sporgente rispetto al bordo del tavolo, con un effetto ottico che ritroviamo nel secondo S. Matteo con l'angelo, conservato nella Cappella Contarelli (anche i lacci del volume sono identici), e nella cesta di frutta della Cena in Emmaus (Londra, National Gallery), posta in bilico sulla mensa. L'ombra del libro scivola lungo il bordo del tavolo e sfuma nell'accompagnarlo verso il basso con una perfetta padronanza delle leggi ottiche. La luce e le ombre sono i soli elementi di movimento in questo quadro rigoroso, essenziale e rarefatto, in cui il silenzio del raccoglimento del Santo si fa palpabile, e la intensa concentrazione del volto dominano e motivano la composizione. I libri, in primo piano e sullo sfondo, il teschio, la penna, il cappello da vescovo faranno da modello per molti artisti successivi, vedi il S. Agostino di Ribera (Palermo, Palazzo Abatellis), vedi il S. Agostino di Vignon (Toledo, chiesa di S. Pietro Martire), entrambi artisti che dipingevano per i Giustiniani.

Resta da spiegare la scelta di far raffigurare un Padre della Chiesa. Entrambi i fratelli Giustiniani erano molto religiosi, ma la figura di Agostino era fondamentale per il marchese Vincenzo, che nel suo importante Discorso sopra la musica lo cita e lo pone fra gli autori antichi che hanno insegnato «la teorica della musica».

In conclusione questo interessante inedito, ora presentato a Ottawa in un contesto internazionale, ci mostra Caravaggio in una fase a noi poco nota, di transizione verso la pittura sacra, sotto l'occhio severo di un conoscitore come Vincenzo Giustiniani, forse una difficile prova prima degli incarichi per la Cappella Contarelli, e prima del ritratto di Benedetto Giustiniani. Non studiarlo a fondo sarebbe un grave errore. Anche il Cristo nell'orto che sveglia gli Apostoli, opera distrutta, dipinta per i Giustiniani, che conosciamo solo in fotografia, ci mostra una vena interiorizzante e molto controllata, da datare, come il S. Agostino qui presentato, prima del 1600.

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