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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2011 alle ore 08:14.

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Nell'immaginario moderno europeo che posto hanno i Tartari, i Mongoli, Gengis Khan, o altri nomi e luoghi dell'esotismo storico di grande richiamo come Marco Polo, Via della Seta, Xanadu e Shangrila? La pubblicazione in traduzione italiana dell'antico libro di René Grousset (1885-1952), Il Conquistatore del Mondo (Adelphi, pagg. 344, € 24,00) presenta spunti di riflessione su una storia che fa ancora fatica a liberarsi dalla stretta di evocazioni letterarie e a diventare sapere storico. Nella ricerca specialistica l'impero mongolo ha cessato da tempo di essere sinonimo di apocalisse, ed è invece considerato agente primario di quegli scambi materiali, scientifici e religiosi tra popoli e civiltà diverse che prepararono, grazie alle conoscenze sulla Cina e l'India acquisite dagli europei del XIII e XIV secolo, la grande espansione degli imperi atlantici. La storia dei mongoli e dei popoli nomadi delle steppe avrebbe molto da contribuire allo studio della storia mondiale proprio per la "connettività" tra continenti che ne definì a lungo, fino all'era della rivoluzione industriale, il ruolo storico.
I nomadi non furono peraltro conduttori passivi di contatti tra civiltà lontane, ma protagonisti interessati e attivi. Alle loro corti si radunarono sapienti di ogni razza e credo, in un clima di tolleranza religiosa e culturale non comune per quei tempi. Se il ruolo storico dei Mongoli può essere oggi rivalutato alla luce di nuove ricerche, ciò non significa che la pessima reputazione di Gengis Khan e dei suoi successori non continui a gettare un'ombra lunga sul nostro modo di "sentirli" protagonisti di una storia fatta essenzialmente di terrore e massacri. Preceduto da Attila e seguito da Tamerlano, ma ancora più feroce di essi, Gengis Khan è il nemico numero uno di tutte le civiltà dalla Cina all'Europa. Non è un caso che i Mongoli siano stati a lungo associati alla grande peste che devastò l'Europa nel 1348.
Il libro di Grousset, che andrebbe considerato un oggetto di antiquariato accademico (i nomi di Pelliot, morto nel 1945, ed Haenisch, morto nel 1966, citati nella prefazione come se fossero ancora tra noi fa un certo effetto), ha certamente avuto un ruolo importante nella conoscenza del mondo da cui emerse Gengis Khan e quindi della demistificazione del personaggio, tesa a metterne in risalto soprattutto radici culturali e spessore storico. Ma per quanto frutto di una ricerca meticolosa, e diverso in ciò dai lavori di divulgazione che caratterizzano l'opera di Grousset, si tratta comunque di un lavoro essenzialmente letterario. È basato su un'opera importante, la Storia Segreta dei Mongoli, che narra le origini di Gengis Khan (più correttamente Cvinggis Qan) e la sua ascesa a «conquistatore del mondo». Questa fu composta in forma orale in lingua mongola nella prima metà del XIII secolo, quindi scritta in mongolo (il manoscritto non si è conservato) e trascritta in seguito in caratteri cinesi. La storia della trasmissione e delle ramificazioni di quest'opera è estremamente complessa e si estende fino allo storico persiano alla corte mongola Rashid al-Din. All'inizio del Ventesimo secolo la Storia Segreta fu studiata da cinesi, giapponesi ed europei. Negli anni Trenta si accese una competizione internazionale per ricostruirne il testo mongolo (sulla base della pronuncia dei caratteri cinesi), tradurlo e commentarlo. All'epoca della pubblicazione del libro di Grousset (1944) l'orientalista tedesco Erich Haenisch (1880-1966) aveva "battuto" il francese Paul Pelliot (il cui studio sarà pubblicato postumo nel 1949) con edizione del testo e traduzione completati tra il 1937 e il 1940.
Come sappiamo, quelli erano giorni difficili in Europa. Le rivalità normalmente molto accese tra gli orientalisti furono accentuate dallo scoppio del conflitto, l'occupazione della Francia, la resistenza al nazismo. Lo stesso Paul Pelliot fu arrestato e interrogato dalla Gestapo per alcuni giorni a Parigi nel '42. Nel 1944 Henri Maspero, altro eminente sinologo francese, fu internato a Buchenwald. Haenisch fu l'unico tra i colleghi tedeschi a firmare una petizione per il suo rilascio, ma fu inutile: lo studioso perirà insieme alle migliaia di prigionieri massacrati poco prima della liberazione. Nello stesso anno Grousset pubblicò la Vita di Gengis Khan, ma cosa significava far conoscere Gengis Khan a un pubblico europeo nel 1944?
Spostiamo lo sguardo dall'ambiente accademico a quello della propaganda politica e delle ideologie dominanti. Nella Germania nazista degli anni Trenta Gengis Khan godeva di una certa fama. Nel 1934 un emigrato russo, Michael Charol pubblicò, con il nom de plume di Michael Prawdin una biografia di Gengis Khan (Tschingis Chan: der Sturm aus Asian) seguito l'anno successivo da Das Erbe Tschingis Chans. Questi studi sono sicuramente la fonte di riferimenti a Gengis in scritti e discorsi dello stesso Hitler, ma il vero ammiratore del conquistatore mongolo nelle alte vette del nazionalsocialismo fu Heinrich Himmler. Egli commissionò una nuova edizione dei libri di Prawdin, ripubblicati in un unico volume nel 1938 a cura del Schulungsamt (Ufficio Formazione) delle SS con il titolo Tschingis-Chan und seine Erben. Copie dell'opera furono distribuite agli alti ufficiali delle SS. C'è ambivalenza nel rapporto tra il nazismo e la figura di Gengis Khan rappresentata da Prawdin. Da un lato la propaganda tedesca rappresentava i sovietici come orde di Tartari (come erano conosciuti i Mongoli nell'Europa medievale) assetati di sangue, un'immagine tesa a rievocare l'atavico terrore delle invasioni barbariche. Dall'altro le conquiste dei Mongoli, il loro genio militare, la grandiosità della loro impresa, suscitavano ammirazione. In Russia i Calmucchi (un'etnia mongola) furono arruolati in reparti speciali dell'esercito tedesco e utilizzati in operazioni belliche anche in Europa Orientale e in Yugoslavia. Il fenomeno storico dell'impero mongolo, le popolazioni mongole arruolate dai tedeschi, e la rappresentazione del comunismo sovietico come minaccia simile al terrore mongolo sono tutte sfaccettature del rapporto complesso tra il nazismo e Gengis Khan.