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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2011 alle ore 20:09.

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«Trovata la tomba dell'apostolo Filippo», si è gridato a gran voce nei giorni scorsi da un capo all'altro del globo. Tutti a riportare subito, quasi parola per parola, il testo scarno dell'agenzia turca Anadolu, nel timore di 'bucare' una notizia così importante. E diffondendo così più dubbi che certezze. La notizia parla vagamente di un'iscrizione che avrebbe identificato la tomba, ma quale? E dice poi che la tomba non è stata ancora aperta, e allora quando si aprirà?

Tra blog e social network rimbalzavano ogni sorta di domande, mentre tutti vagheggiavano quel luogo da favola che è Hierapolis di Turchia, terra delle incantate cascate bianche e di bagni salutari, oltre che di Filippo. E ricordavano il cosiddetto Martyrion del santo, splendido ottagono portato alla luce cinquant'anni fa dall'ingegner Paolo Verzone del Politecnico di Torino, che diede avvio alla missione archeologica italiana a Hierapolis su concessione del governo turco. Tutti si chiedevano dove nell'edificio, presunto luogo del martirio del santo, fosse stata trovata finalmente la tomba, dopo anni di ricerche affannose e infruttuose. Persino Wikipedia ha subito recepito la notizia sibillina, pur attendendo una chiara verifica.

Mentre i pellegrini continuano a salire sull'altura che sovrasta i resti della città romana, continuano a pregare e dire messa nel Martyrion ignari che invece la tomba del santo non è lì ma a pochi metri di distanza, inglobata in un'altra chiesa bizantina che proprio in questi giorni ha rivisto la luce.
Una vera bella scoperta, come apprendiamo al telefono con Hierapolis dalle parole di Francesco D'Andria, archeologo dell'Università di Lecce e attuale direttore della Missione. E del tutto inaspettata, visto che si stava semplicemente indagando tra le molte tombe romane nell'area del Martyrion.

Hierapolis, la città sacra (ad Apollo prima che a Filippo), ha una necropoli sconfinata con tombe di ogni forma e dimensione. Dunque gli archeologi non si erano troppo stupiti, l'estate scorsa, nel veder emergere la cuspide del frontone di una bella tomba di I secolo d.C. Era una come tante. Attorno a lei, però, emergevano anche resti architettonici più tardi, chiaramente bizantini. Così quest'anno hanno cominciato a scavare, coordinati dall'archeologa Piera Caggia del Cnr, portando alla luce i resti di una basilica di IV-V secolo d.C. a tre navate, con un pavimento a intarsi marmorei e con ricchi decori, tra cui il monogramma dell'imperatore Teodosio e la scritta «Ricordati Signore del tuo servo» incisa in greco sull'architrave dell'iconostasi. Basilica che aveva obliterato tutte le tombe antiche dell'area tranne quella in questione, che è stata anzi inglobata nella chiesa e incapsulata in una piattaforma raggiungibile con una scala.

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