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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2011 alle ore 14:27.

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Un trullo della campagna puglieseUn trullo della campagna pugliese

Il tempo delle vacanze trova riparo sotto i tetti più disparati. Anche quelli di bungalow, tende, cottage e resort sulla spiaggia che ci sembrano comuni appartengono a tipologie tradizionali le cui origini si perdono nella storia dell'uomo e della sua scaltra attitudine al riparo.
L'architettura di questi edifici non ha padri titolati ma frutto del progetto di un singolo o di una comunità che studiando il vento, valutando l'intensità delle intemperie, considerando la stabilità del terreno e l'archivio di materiali a disposizione ha costruito case, chiese, torri, granai.

In vacanza o per turismo spesso si sceglie di abitare un trullo, un kuren balinese o una minka giapponese, tutti esempi di un catalogo di costruzioni spontanee dove il contesto geografico ne ha modulato forme, vocazioni e tecniche.

Esistono delle costanti che hanno profondamente influenzato l'architettura e che dopo essere state dimenticate oggi tornano a essere dei capi saldi della sostenibilità. Eppure vista la vivacità che non ha conosciuto decadenze, un aspetto che non va trascurato è quanto questi paradigmi siano saldamente scolpiti nell'immaginario collettivo come sinonimo di autenticità, tradizione, esotismo e persino relax. Mentre per chi si occupa di architettura rappresentano uno stereotipo, molti esempi di design vernacolare, spesso imprigionati in boule de neige dal sapore kitsch, si possono ritrovare nella guida Architettura senza architetti che John May e Anthony Reid hanno compilato per Rizzoli.

Un cottage sulle rive di un lago svedese è fresco come un trullo pugliese, il legno o la pietra, come conduttori di calore, c'insegnano qualcosa sulla vita e sulle tradizioni dei popoli indigeni ‐ oggi vacanzieri ‐ riflettendo come in uno specchio le nostre esperienze: ripercorriamo le origini degli edifici contemporanei e capiamo cosa ci manca perché tornino a rispondere alle nostre fondamentali necessità. Le macchine per vivere che hanno a lungo ispirato gli urbanisti erano soluzioni abitative definitive e razionali, il mito del 'a misura d'uomo' interpretava la tradizione come disagio, convenzione e vincolo e non più per la sua capacità di stimolare immaginazione e creazione.

In Africa, in Asia e America Latina l'architettura spontanea è ancora viva, abitata e costruita, integrata all'immagine da cartolina esotica o postmoderna, una risposta alla contemporanea urbanizzazione in insediamenti abusivi dove si costruiscono case con rifiuti come le favelas brasiliane o templi con rottami, come il Wat Pa Maha Chedi Kaew in Thailandia, composto da un milione di bottiglie di birra raccolte dai monaci buddisti.

Abitudini e miti, tradizioni e credenze s'impastano con terra, mattoni, pietra, legno, bambù, palma e giunco per un riparo dal tetto in zolle d'erba, tegole d'argilla, scandole di legno o lamiera ondulata.

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