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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2011 alle ore 20:06.

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"Scritto nelle stelle". È poetico il titolo del comunicato ufficiale dell'Accademia Reale delle Scienze Svedese, che annuncia i Laureati con il Nobel in Fisica di quest'anno. Non solo. Il comunicato continua citando un verso del poeta americano Robert Lee Frost: «Alcuni dicono che il mondo finirà nel fuoco, altri che finirà in ghiaccio…», e con la domanda «Quale sarà il destino finale dell'Universo?».

Persino la compita Accademia Reale delle Scienze Svedese questa volta non ha saputo resistere al fascino della scoperta che ha portato gli astrofisici americani Saul Perlmutter e Adam Riess e l'australiano Brian Schmidt al più alto riconoscimento scientifico del pianeta. Una scoperta che ci dà un'indicazione, non definitiva ma concreta, che il destino del nostro universo, probabilmente non sarà di risprofondare in una palla di fuoco come quella da cui è emerso 14 miliardi di anni fa, ma sarà di espandersi immensamente in un sempre più sconfinato e glaciale silenzio.

Da quasi un secolo, sappiamo che il nostro Universo si espande come conseguenza del Big Bang. Era naturale aspettarsi che sotto l'effetto della gravità questa espansione stesse rallentando, e arrivato a un'espansione massima l'universo cominciasse poi a ricontrarsi, come una palla lanciata in aria, che prima sale e poi ricade per la gravità. Invece Perlmutter, Schmidt e Riess, osservando esplosioni di stelle in galassie molto lontane, hanno scoperto che l'universo sta accelerando, come se ci fosse una forza repulsiva cosmica, che vince sulla gravità e spinge le galassie ad allontanarsi le une dalle altre sempre più velocemente. L'annuncio della scoperta nel 1998 ha scosso il mondo scientifico.

In realtà la possibilità di una forza cosmica repulsiva era già stata considerata da Einstein, ma nell'ambito di una serie contorta e divertente di fraintendimenti. Nel 1919 Einstein scopre che la sua nuova teoria del tempo e dello spazio, la relatività generale, prevede che l'Universo non possa stare fermo, ma debba contrarsi oppure espandersi. Incapace, per mancanza di coraggio, di accettare l'idea, Einstein modifica le equazioni della sua stessa teoria, aggiungendovi un nuovo termine con una nuova costante, la "costante cosmologica". Mentre la forza di gravità è una forza attrattiva per cui tutte le cose vogliono avvicinarsi l'una all'altra, la nuova costante ipotizzata da Einstein genera una forza repulsiva che spinge le cose ad allontanarsi le une dalle altre. Aggiungendo questa forza repulsiva alle sue equazioni, Einstein spera che queste tornino compatibili con l'universo che lui crede immobile. Ma sbaglia.

Monsignor Georges Henri Lemaître, scienziato belga e sacerdote cattolico, si rende conto che anche con la forza repulsiva l'universo non può stare fermo: un equilibrio fra attrazione e repulsione sarebbe instabile, ed effimero. Einstein prima resiste, ma poi deve riconoscere che Lemaitre ha ragione, quando pochi anni dopo l'espansione dell'Universo viene effettivamente osservata, grazie innanzitutto al lavoro dell'astronoma americana Henrietta Swan Leavitt, una delle numerose donne che avrebbero meritato un Nobel e forse l'avrebbero avuto se l'Accademia Svedese non fosse composta da soli uomini. Il papa, Pio XII, si affretta a suggerire pubblicamente che la scienza sta confermando la Genesi. Lemaitre corre dal papa, lo convince che è una sciocchezza mescolare cosmologia moderna e Bibbia (a ragione, visto che ora la scienza sta anche provando a studiare cosa succede prima del Big Bang), cosicché da allora il Vaticano, a differenza di altre chiese cristiane, si mantiene guardingo sull'argomento. Einstein si affretta a dichiarare che l'introduzione della forza repulsiva era un'idea sciocca. Ma monsignor Lemaitre lo contraddice nuovamente: la forza repulsiva non tiene fermo l'universo, è vero, ma non per questo è un'idea sbagliata; è compatibile con il resto della teoria, e non ha motivo di non esistere. Basta misurarla. Il premio Nobel di oggi conferma che il monsignore che riusciva a fare cambiare idea tanto ad Einstein quanto al papa aveva ancora una volta ragione. Questo è quello che hanno mostrato Perlmutter, Schmidt e Riess, osservando esplosioni di stelle in galassie molto lontane, e usando sostanzialmente ancora le tecniche introdotte da Henrietta Leavitt. La forza repulsiva introdotta, anche se con giustificazioni sbagliate, da Einstein, sembra ora esistere realmente.

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