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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2011 alle ore 08:14.

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«La faccia del vecchio è un bene per il gruppo», scrive James Hillman. «Invecchiando rivelo il mio carattere, non la mia morte». Ha portato il politeismo nella psicologia, mentre questa faceva ogni sforzo per diventare scientifica, e il mercurio del puer tutte le volte che il pensiero rischiava di trasformarsi nel piombo del senex. La sua opera è la dimostrazione alchemica che non c'è solve senza coagula. Nell'instancabile attività del suo pensare non possiamo non ravvisare un'ossessione saturnina, che in parte lo assolve dall'accusa, di marca analitica (questa volta in senso filosofico), di emozionalismo più o meno misterico. Del resto, diceva Hillman, la ripetizione di un sintomo può trasformarsi in uno stile personale. Quello di un puer che impiega tutte le energie vitali per non dimenticare che, senza un Saturno all'orizzonte, a nulla valgono i voli. Coniunctio oppositorum per tenere a bada le oscurità malinconiche illuminate da Klibansky, Panofsky e Saxl (Saturno e la melanconia, Einaudi).
La faccia da viaggiatore americano in Europa, lo sguardo che penetra restando lontano, le gambe lunghe da ballerino di tip tap, sua grande passione, e il carattere giocoso e esigente, generoso e astuto, Hillman nasce nel 1926 ad Atlantic City, ma trascorre buona parte della prima metà della vita in Europa, fino a dirigere lo Jung Institute di Zurigo. Alla fine degli anni Settanta torna nell'America che aveva abbandonato, ma che ora, dice, ha bisogno della sua voce: prima a Dallas (dove fonda l'Institute of Humanities and Culture), poi nel Connecticut, dove muore cinquant'anni dopo Jung. Più di venti libri, tre mogli, tre figlie e un figlio, astrologo a St. Louis.
Dell'ampia produzione hillmaniana, e dei nostri incontri (il primo, con Silvia Lagorio, ad Ascona, nel 1990), la dialettica vitale puer-senex è per me l'eredità più cara. La possiamo leggere nei Saggi sul Puer, pubblicati nel 1988 da Cortina, e nel volumetto Puer Aeternus, uscito per Adelphi nel 1999. Il puer incarna il carattere in avvenire, l'anticipazione, il rinnovamento. Al contrario, il puer aeternus può indicare un febbrile, ma mai realizzato, desiderio di compimento. Nella sua valenza positiva, il senex è saggezza, lungimiranza, responsabilità; in quella negativa è autoritarismo, conservatorismo, scarsa immaginazione, indurimento nella volontà di potenza. Il rischio del puer senza senex è l'instabilità, anche suicidaria, e la cristallizzazione nella condizione perenne di "giovane promessa". Al contrario, il rischio del senex senza puer è quello dell'ombra paterna depressiva e talora sadica, il "governatore della prigione" dell'immaginario alchemico. La risoluzione del conflitto puer-senex dipende dalla funzione mediatrice dell'Anima, che mette in contatto gli opposti.
È proprio Anima un'altra figura chiave del pantheon hillmaniano, infero e celeste. Non a caso appare in molti suoi titoli: Il suicidio e l'anima, Il codice dell'anima, L'anima del mondo e il pensiero del cuore, fino al volume, la cui sistematicità tradisce un desiderio senex di geometria, Anima. Anatomia di una nozione personificata (tutti Adelphi). L'anima del mondo (Rizzoli) sarà il titolo scelto da Silvia Ronchey per una conversazione politeista e platonica con lui.
In una disciplina dominata dalla psiche e dai suoi corteggiatori positivisti, Hillman vuole restituire all'anima la sua centralità, per mezzo dell'idea keatsiana del "fare anima". «Nella misura in cui siamo impegnati a fare anima – dice – siamo tutti, ininterrottamente, in terapia». Una posizione che, nel lavoro psicoanalitico, riduce l'aspettativa di "guarigione" e punta al riconoscimento dei miti fondanti della singola personalità e alla loro integrazione, direbbe Jung, nel Sé. Non prima di avere sganciato il concetto di Anima dalle costrizioni essenzialiste, tanto care a Jung, di maschile e femminile. Hillman mette in discussione anche altri nodi problematici della teoria junghiana, tra cui l'idea che il sentimento sia una prerogativa femminile o che Anima sia una funzione di relazione tout-court. Se vogliamo entrare in relazione, dobbiamo essere consapevoli che niente più dell'Anima può turbare l'accuratezza del sentimento tra due persone; e dunque, conclude Hillman, Anima non è Eros né sentimento. Richiamata dalle chiese, dai cimiteri e dalle stanze d'analisi per farsi base poetica della mente, per Hillman Anima è "semplicemente" l'archetipo della psiche.
Nemico filosofico della psicoanalisi, che accusa di essere autoreferenziale ed eccessivamente protesa verso l'interiorità, al punto da scrivere Cent'anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio (Rizzoli), il primo Hillman, ancora non diventato una delle star più contese dell'international-lecture-system, è stato un toccante narratore delle psicologie del profondo, in particolare con Le storie che curano (Cortina). Sempre più lontano dalla clinica, sempre più terapeuta del mondo e sempre meno dell'individuo (ma senza dimenticare l'arco che unisce le due posizioni), Hillman ha lasciato un'eredità anche a chi fa il lavoro di ascoltare i pazienti. Per esempio, ha portato nella psicologia oggetti preziosi e trascurati da molti colleghi: i colori, gli animali, le case, la bellezza, la poesia. «Io non sono se non in un campo psichico con gli altri, con la gente, gli edifici, gli animali, le piante». Da qui il suo celebre appello ad «aprire una finestra nella stanza d'analisi».

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