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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2011 alle ore 15:34.

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Ermafrodito - particolare. Prima metà del II secolo d.C. circa. Restaurato da Gian Lorenzo Bernini e David Lariquemarmo lunense - Marmo - lunghezza 169 cm; larghezza 89 cm. Paris, Musée du Louvre, Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines. © 2011 Musée du Louvre / Thierry OllivierErmafrodito - particolare. Prima metà del II secolo d.C. circa. Restaurato da Gian Lorenzo Bernini e David Lariquemarmo lunense - Marmo - lunghezza 169 cm; larghezza 89 cm. Paris, Musée du Louvre, Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines. © 2011 Musée du Louvre / Thierry Ollivier

Da questo quadro familiare un po' desolante emerge un dato interessante: Camillo visse spesso lontano da Roma, dai suoi palazzi e dalle sue ville, nutrendo un evidente disinteresse per i tesori d'arte che vi si celavano. La commissione a Canova dalle statua di Paolina Bonaparte come Venere vincitrice fu una splendida eccezione. Per inciso, Canova consigliò alla principessa di non farsi ritrarre come Venere bensì come Diana vergine e cacciatrice, ma di fronte a questo consiglio Paolina scoppiò a ridere dicendo che se l'avessero ritratta come vergine non ci avrebbe creduto nessuno. Tra la modella e lo scultore evidentemente non correva buon sangue. Quando chiesero a Paolina se avesse davvero posato nuda davanti allo scultore, lei rispose di sì, ma che non era stato un problema in quanto Canova, sottolineò malevola, «non era un vero uomo». Napoleone, e soprattutto i suoi due consiglieri Denon e Visconti, avevano dunque capito che Camillo Borghese era l'opposto di suo padre Marcantonio: a lui le statue non interessavano. E agirono di conseguenza.

Nel 1804 Napoleone era diventato l'imperatore dei francesi. Vivant Denon – l'uomo che stava creando per lui il Musée du Louvre – cominciò a blandire l'orgoglio del novello Cesare suggerendogli che era venuto il momento di acquistare marmi e oggetti antichi per meglio manifestare al mondo che ora era lui l'erede diretto della gloriosa romanità. Napoleone fu pienamente d'accordo, tanto più che una notevole collezione d'antichità romane ce l'aveva già quasi in casa: era quella del cognato Camillo Borghese.

Nel 1806, in gran segreto, l'imperatore incaricò l'antiquario Ennio Quirino Visconti di scegliere e stimare i marmi antichi di quella collezione. Questi marmi si trovavano allora mirabilmente incastonati nelle sale di Villa Borghese, dove solo venti anni prima il principe Marcantonio li aveva fatti sistemare in uno spettacolare allestimento creato apposta dall'architetto Antonio Asprucci.

Ennio Quirino Visconti, che dal 1799 viveva a Parigi, compì un lavoro impeccabile. Dalla capitale francese, a memoria, senza avere i marmi sotto gli occhi, egli operò una selezione perfetta. Evidenziò innanzi tutto i sette capolavori imperdibili della collezione: il Gladiatore Borghese, il Sileno e il Bacco bambino, l'Ermafrodito (cui Gian Lorenzo Bernini aveva aggiunto il sottostante materasso di marmo), il celeberrimo Vaso Borghese, l'Antinoo e i colossali ritratti di Lucio Vero e di Marco Aurelio. A queste sette statue vennero assegnati valori altissimi, dal milione di franchi per il Gladiatore, ai 200mila per il Vaso Borghese fino ai 40mila per l'Antinoo. Il resto dei marmi selezionati – per un ammontare complessivo di quasi 600 pezzi – venne diviso in tre categorie di merito a seconda dell'integrità, dello stato di conservazione, dell'interesse del soggetto e della qualità d'esecuzione. A ogni categoria venne assegnata una fascia di valore, oscillante dai 25mila ai 6mila franchi al pezzo (ma il solo Centauro cavalcato da Amore, compreso nella prima fascia, venne singolarmente valutato 60mila franchi).

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