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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2011 alle ore 16:52.

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Totò Riotta aveva avuto il suo battesimo di giornalista nella Palermo dell'estate 1943. Attore dilettante, aveva visto premiate le sue doti di dizione con un incarico di speaker per Radio Palermo, l'emittente messa su dagli Alleati dopo lo sbarco in Sicilia. Padrino di battesimo: Mikhail Kamenetzky alias Ugo Stille, l'immigrato russo profugo ebreo nell'Italia degli anni Trenta, l'amico fraterno di Giaime Pintor che aveva dovuto poi abbandonare anche l'Italia a causa delle leggi razziali ma ci era rientrato con l'esercito americano da responsabile del Psychological Warfare Branch, cioè da specialista della guerra psicologica. Quel sergente Kamenetzky con i piedi sul tavolo - entrasse pure nella stanza un colonnello - che agli occhi di Riotta padre (e indirettamente di Riotta figlio) sarebbe rimasto, ben dopo la campagna d'Italia, il simbolo di un mondo nuovo, il simbolo del mondo liberato dal fascismo.

Sono anche altre, evidentemente, le cose che Gianni Riotta ha imparato da quarant'anni o quasi di giornalismo: le "storie, incontri, esperienze" che gli "hanno insegnato a vivere", come recita il sottotitolo del suo volume. Ma piuttosto che farne qui l'inventario, dal consiglio dell'amico palermitano Zio Volpe, "cammina sempre a testa alta", alla regola d'oro dell'inviato di guerra Walter Cronkite, "impara a riconoscere l'artiglieria nemica da quella amica", fino alla raccomandazione del professore di giornalismo alla Columbia University, "sii sempre il caporedattore di te stesso", bisogna notare come questa memoria di un non memorialista, o questa lettera aperta a un padre che non c'è più, finisca per essere - quasi più di ogni altra cosa - un libro sui libri.

Sui libri letti da ragazzo, ancora in Sicilia, e non più dimenticati, Salgari, Calvino, Verne, l'Odissea, Sciascia, Stevenson, London, Guerra e pace, Dostoevskij. Sui libri scoperti all'università e mandati a memoria, Virgilio, Ovidio, Husserl, Tarski, Primo Levi. E sui libri letti a diecimila metri d'altezza e nell'ordine sparso della vita, stropicciandosi gli occhi per l'aria rarefatta, lungo interminabili notti nei cieli dell'Atlantico: Gogol, Sun Tzu, Clausewitz, Nievo, Bassani, Kerényi, Banfield, Eschilo, l'Ecclesiaste, Minsky, Conrad, Bob Kennedy, Nievo, Putnam, Said, e ancora l'inaggirabile Pirandello, l'amatissimo Camus, il venerato Vassilij Grossman...

Per tanti siciliani del Novecento, la decisione di lasciare la Sicilia è stata anche un modo per riuscire a scriverne da lontano: e per costruire dal Continente (o da altri continenti) una comunità immaginata che rimediasse ai limiti della comunità originaria. Né tutto sembra cambiato in questi anni Duemila. Siano mossi o non lo siano dal senso di colpa di chi fin da giovane ha fatto le valigie, certi siciliani della diaspora giornalistica e letteraria - si pensi al Giampiero Mughini della Collezione, o al Pietrangelo Buttafuoco de Il lupo e la luna - danno ancora oggi l'impressione di scrivere per restituirsi alla Sicilia almeno come biblioteca. E perciò i loro libri sono talmente colti, sono libri sui libri. Perché quand'anche gli autori siano partiti da decenni, è alla comunità-biblioteca della "sicilitudine" che essi si vogliono riconsegnare.

In tal senso, perfino un libro globale com'è quello di Gianni Riotta va letto come libro locale, l'omaggio di un figlio alla sua regionale madrepatria. Ma anche va recensito con un caveat, con l'indicazione di una cosa che a Riotta resta forse da imparare: il paradosso del siciliano emigrato che l'esperienza di ogni latitudine e ogni longitudine, le mille partenze e i mille arrivi, i diecimila incontri, insomma le occasioni e gli allori, la frequentazione del mondo e il successo nella vita, non bastano ad affrancare né dal richiamo delle origini, né dalla solitudine dell'uomo-isola.
Sì, c'è qualcosa di dolorosamente solipsistico nella condizione dei siciliani anche più riusciti e trionfanti fuor di Sicilia. C'è l'insulare solitudine dei numeri primi.

Gianni Riotta, Le cose che ho imparato. Storie, incontri ed esperienze che mi hanno insegnato a vivere, Mondadori, Milano, pagg. 304, € 18,00

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