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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2011 alle ore 11:48.

Tuttavia anche le cancellerie si muovono attorno al piccolo Gesù. È il potere che mostra il suo volto implacabile e persino crudele. Da un lato c'è il governatore di Siria Publio Sulpicio Quirino, un alto funzionario imperiale, nato a Lanuvio, uno dei Castelli romani, se stiamo agli Annali di Tacito.

Secondo Luca è lui a ordinare il censimento che costringe Maria incinta col suo sposo ad attraversare tutta la Terrasanta, da nord a sud, per registrarsi nella città di origine del clan suo e di suo marito. La nascita di Gesù lascia, dunque, una traccia nelle anagrafi imperiali augustee. Sulla storicità di questo atto censuale pesano gravi difficoltà documentarie variamente risolte dagli studiosi. D'altro lato, però, incombe soprattutto la fosca figura di Erode, mezzo ebreo e mezzo idumeo, il cui trono si reggeva su lacrime e sangue: mogli, figli, parenti e oppositori erano da lui sacrificati senza esitazione alla ragione di Stato.

Macrobio, storico romano del V secolo ci riferisce, infatti, un detto sarcastico dell'imperatore Augusto nei confronti di Erode e della sua politica assolutista e sanguinaria: presso di lui sono più fortunati i porci di quanto lo siano i suoi figli (in greco 'porci' e 'figli' sono due vocaboli dal suono affine) perché i primi, non essendo commestibili in Oriente, erano risparmiati. L'occhiuta polizia segreta erodiana viene a conoscenza di una notizia sospetta: un certo interesse si sta levando attorno alla nascita di un bambino nella città natale di Davide. È meglio mettere subito tutto in ordine. Ed è così che entrano in scena quei bambini betlemiti dai due anni in giù, massacrati dalla guardia reale. Sono i cosiddetti Innocenti, divenuti il simbolo delle vittime del potere cieco e oppressivo. Nella realtà storica essi erano pochi bambini, forse dieci o venti, ma la tradizione ne amplierà progressivamente il numero fino a 14.000 prima, a 64.000 poi e, infine, a 144.000 per raggiungere il numero simbolico degli eletti dell'Apocalisse, divenendo così la sintesi ideale di tutte le vittime innocenti della storia. A loro Péguy dedicherà nel 1912 un intenso poema, Il mistero dei Santi Innocenti.

C'è un'ultima presenza che percorre tutte le pagine evangeliche della nascita di Gesù ed è quella degli angeli. È l'arcangelo Gabriele ad apparire a Maria (e, prima, a Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, il 'profeta' di Cristo). È 'un angelo del Signore' a spingere Giuseppe alle nozze con Maria, nonostante lo 'scandalo' della sua maternità extramatrimoniale; è ancora lui a indicargli la necessità della fuga in Egitto per evitare la strage di Erode e a suggerirgli il tempo opportuno per il rientro in Galilea. Anche i pastori sono interpellati dagli angeli che, tra l'altro, sopra di loro intonano il coro del Gloria in excelsis. Gli angeli sono una presenza 'necessaria', come diceva il titolo di un saggio di Massimo Cacciari, perché segnano il ponte di comunicazione tra la trascendenza e la storia, tra la divinità e l'umanità, avvicinando Dio all'uomo senza costringere la divinità nei limiti spazio-temporali. Essi sono, quindi, la presenza del divino, del mistero, della trascendenza, dell'assoluto, della luce in mezzo agli uomini, soprattutto in questo evento capitale della loro storia.

Con loro concludiamo il nostro settenario di storie che circondano il Bambino di Betlemme: Maria con la sua maternità e col suo mistero; Giuseppe, col suo dramma segreto di sposo e di padre solo legale; i pastori, gli 'ultimi' che diventano primi; i Magi, gli stranieri che si trasformano in cittadini del Regno; Quirinio ed Erode, il potere con le sue prevaricazioni; gli Innocenti, che incarnano l'immenso popolo delle vittime; e infine gli angeli, rivelazione della presenza di un disegno divino anche nel groviglio oscuro delle vicende umane.

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