Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2012 alle ore 19:04.
Come può essere identificata una rivelazione? Tutte le religioni hanno sacri testi il cui contenuto è spesso proclamato di ispirazione divina. Ma quale testo può essere ragionevolmente ritenuto tale? I musulmani hanno il Corano, gli ebrei l'Antico Testamento e i cristiani anche il Nuovo Testamento. Come scegliere tra questi? Diversamente dalle tavole con le quali Mosé scese dal Sinai, di nessuno di questi testi si presume che sia stato prodotto senza intervento umano. D'altronde non dovremmo aspettarcelo. La semplice esperienza dovrebbe convincere chiunque creda in Dio che Egli non lascia accadere nulla di spiegabile soltanto invocando il Suo potere. O, meglio, invocandolo con riluttanza.
Nel caso dei cristiani, ne è un tipico esempio la resurrezione di Cristo. La tomba vuota potrebbe essere spiegata con altre ipotesi: infatti Cristo risorto si è mostrato unicamente ai credenti. Sulla base di tale principio, sappiamo che l'argomento del "disegno divino" è sbagliato: era inevitabile che l'adattamento degli organismi alle proprie funzioni si dimostrasse spiegabile con una teoria come quella dell'evoluzione darwiniana. Se fosse stato spiegabile soltanto con la creazione di tutte le specie nella loro forma attuale, sarebbe stato un clamoroso contro esempio del principio. Chi si oppone al darwinismo perché esso contraddice la verità letterale della Genesi e, presumibilmente, di tutta la Bibbia, ignora ciò che l'esperienza insegna su quelle che Milton chiamò «le vie di Dio verso l'uomo».
Lo ignora addirittura quando interpreta la Bibbia alla lettera, confondendo ispirazione e dettatura. Considerare l'autore umano di un testo sacro come un semplice scrivano che registra le parole dettategli vìola di per sé il nostro principio. Un testo può essere considerato di ispirazione divina soltanto se è plausibile che provenga dalla mente dell'autore umano, anche se è stato spinto a comporre il testo. E se questo è plausibile, per supporre che sia andata diversamente occorre una ragione davvero speciale. Sotto questo aspetto, l'Antico e il Nuovo Testamento sono diversi dal Corano: sono palesemente una raccolta di scritti di varie epoche e di autori molto diversi per visione, intenti e intelletto. Pensare che quanto dettato loro avesse lo scopo di dare un'impressione fuorviante di diversità equivale a supporre che i fossili siano stati creati deliberatamente per ingannarci sull'età della Terra e dei suoi abitanti. L'ispirazione, se questa c'è, passa dalla personalità dell'autore ispirato e non dalla mano che regge la penna. Il Corano ha un unico autore umano e perciò la credenza musulmana che sia stato dettato parola per parola al Profeta vìola il nostro principio meno gravemente che un'interpretazione letterale della Bibbia. Tuttavia la credenza musulmana contraddice il modo in cui Dio tratta gli umani, da come lo conosciamo per esperienza.
Un testo il cui messaggio è palesemente falso o immorale non ha le qualità per contenere la parola di Dio. Ma nessuno scritto può essere riconosciuto di ispirazione divina soltanto per evidenza interna, per quanto sublime ne sia il messaggio: devono esserci ragioni esterne. Per gli ebrei e per i cristiani, i libri del l'Antico Testamento sono considerati tali in virtù della credenza che gli Ebrei fossero il popolo eletto da Dio: se lo erano, è probabile che fossero guidati da insegnamenti provenienti da Dio. Il Nuovo Testamento è ritenuto di ispirazione divina perché i cristiani credono che Cristo sia figlio di Dio: il libro ne raccoglie il messaggio così com'è stato trasmesso dagli uomini. Il Corano è accettato come parola di Dio proprio perché Maometto è accettato come Suo messaggero.
Il riconoscimento che gli autori umani abbiano avuto con Dio un rapporto privilegiato precede sempre l'identificazione di un testo come di ispirazione divina. Il fatto che siano stati ispirati, e non chiamati a scrivere sotto dettatura, rende ragionevole la credenza cattolica in un'autorità religiosa incaricata di determinare quali parti del testo siano autentico insegnamento divino e quali siano dovute alla sola personalità del messo umano. Data la ragionevolezza dell'identificazione di alcuni testi come d'ispirazione divina - nei quali non ci inoltreremo qui - è ovviamente ragionevole credere a quanto insegnano. O, meglio, che una parte sia accettata come portatrice della garanzia del mandato divino. Ma è giusto dare a questa credenza il grado di adesione che di solito viene riservato a ciò che si conosce?
Non può mai essere razionale aderire più fortemente a una credenza che ai fondamenti che la giustificano. La credenza religiosa è altrettanto salda di quella in ciò che si conosce soltanto in virtù dell'impegno religioso. Pur sapendo (o nonostante sappia) di avere tutt'al più un motivo probabile per supporre che qualcosa sia una rivelazione divina, il credente pensa che sarebbe empio e mancherebbe di rispetto a Dio se ne ritenesse probabile la verità soltanto perché la sua provenienza divina è meramente probabile. Ciò che è davvero rivelato da Dio esige la massima adesione: la verità divina impegna senza riserve colui che l'accetta come tale.
É soltanto a questo punto che la fede va oltre la ragione: la fede religiosa non è una fede cieca. Ogni conclusione raggiunta prima che essa impegni il credente deve essere difendibile razionalmente: farsi beffa di questo requisito significa farsi beffa della facoltà razionale che il credente deve riconoscere come dataci da Dio. Come deve pertanto comportarsi lo scienziato, lo storico o il filosofo credente? Ha dato l'assenso della fede a certe asserzioni: per evitare che siano sfiorate dal dubbio, limiterà le proprie ricerche? No, andrà dove lo portano le prove raccolte o le argomentazioni; se non lo facesse verrebbe meno al compito che si è dato, e potrebbe addirittura nascondere verità che Dio vuole farci scoprire. Se le ricerche indicano una direzione che si discosta dal suo impegno di fede, egli può ricordarsi, e ricordare ad altri, che le conclusioni scientifiche, storiche e filosofiche si dimostrano spesso false e che altrettanto spesso conducono alla scoperta di ciò che è vero.
©RIPRODUZIONE RISERVATA