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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2012 alle ore 19:09.

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Il relativismo morale è una conseguenza del soggettivismo morale, che è la dottrina per la quale l'unico fondamento delle credenze morali sta nella ripugnanza provata nei confronti di certe azioni e nella convinzione che altre azioni siano obbligatorie. Ripugnanza e convinzione sono soggettive per cui persone o gruppi diversi aderiscono a sistemi etici diversi e, avendo questi ultimi fondamenti soggettivi, non può esistere alcun terreno oggettivo per giudicare se uno di tali sistemi è superiore a un altro o più saldo.

Per me, il relativismo morale è filosoficamente perverso quanto il relativismo scientifico, il quale recita che nessuna teoria scientifica è oggettivamente più vera o più consona con la realtà fisica. Eppure non credo che gli ultraconservatori si sentano minacciati dal relativismo morale e neppure che esso animi i loro antagonisti. A spaventare i conservatori morali è un'inesorabile ondata di permissività che toglie lo stigma morale da cattive - a parer loro - azioni.

Permissività e relativismo non sono la stessa cosa: non credo che il gioco d'azzardo sia un male, non perché alla domanda «è un male?» penso che non esista alcuna risposta vera, ma perché la mia risposta è «non sempre è un male». E quando dico che alcuni lo giudicano un male e io no, non sto dicendo che il gioco d'azzardo è un male per alcuni e non per me, bensì che è sbagliato ritenerlo sempre un male.
Uno dopo l'altro, i bastioni sono crollati. Prima c'è stata la rivoluzione sessuale che ha insegnato ai giovani a ritenere legittimo qualunque mezzo per arrivare al piacere sessuale, a trovare normale la promiscuità e il "fare sesso" - come si dice ora - tutte le volte e con tutti quelli che vogliono. Poi c'è stato l'aborto che, per i conservatori morali, è un omicidio o strettamente imparentato all'omicidio. Ora c'è la parificazione dei rapporti omosessuali a quelli tra uomini e donne e leggi che vietano ogni discriminazione in base all'«orientamento sessuale».

A turbare i conservatori non è tanto l'ampiezza di questo ribaltamento della morale privata tradizionale, quanto la sensazione che esso proceda inarrestabile: dove si fermerà? Eutanasia? Legge che limiti il numero di figli nati da una sola madre? Sterilizzazione volontaria e, dopo, obbligatoria? Infanticidio?

Il conservatorismo morale ha influenzato la politica soprattutto negli Stati Uniti dove i suoi fautori sostengono uomini politici, come il presidente Bush, che manifestano simpatia nei loro confronti anche se hanno un'influenza limitata sulle questioni appena elencate. In ciò, i conservatori commettono un errore frequente delle Chiese: per motivi propri appoggiano regimi reazionari od oppressivi invece di partire da considerazioni morali più ampie che dovrebbero preoccuparli altrettanto, se non di più, e meno direttamente legate all'ideologia dei politici. Per esempio, potrebbero opporsi all'incarcerazione brutale e illegale a Guantanamo Bay di centinaia di uomini fatti prigionieri - o, meglio, rapiti - dagli americani e chiederne la liberazione o, se esistono prove a loro carico, un processo equo. Avrebbero dovuto protestare contro i crimini del governo americano in Salvador e in Nicaragua. Gli europei che si ergono a difensori di una morale tradizionale dovrebbero denunciare la disumanità dei propri governi quando si vantano del numero di rifugiati respinti dalle frontiere prima che possano chiedere asilo.

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