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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2012 alle ore 08:13.

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È per tutto questo che la panoramica esauriente di cui parla Margaret Atwood non solo non disegna una storia, ma traccia quasi un'antistoria della letteratura, qualcosa che solo a patto di un estremo sforzo – che non necessariamente è una forzatura – può entrare in quell'ordine riconoscibile nel susseguirsi e confondersi degli eventi che fonda ogni storiografia. Il che non significa che il lavoro dello storico non sia indispensabile: al contrario, più l'insieme è multiforme o addirittura caotico più un'organizzazione è necessaria. Senza dimenticare però in un'euforia o in un'ortodossia interpretativa – oblio che proprio la storiografia letteraria novecentesca nelle sue varie declinazioni critiche ha praticato – la singolarità di ogni voce e di ogni scrittura, la parte irriducibile al tutto che ne costituisce, alla luce del tempo, il bene più prezioso.
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The Paris Review, vol. 1, trad.
di F. Valente, pagg. 510, € 22,00; vol. 2, trad. di M. S. Abate, pagg. 486, € 22,00; vol. 3, trad. di M.S. Abate, pagg. 490, € 22,00; Fandango, Roma. In uscita il 4° volume: «Il libro per aerei, treni, ascensori e sale d'attesa»

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