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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2012 alle ore 08:14.

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Sostenere che il mondo è una "creazione" individuale potrebbe essere equivocato, in un Paese ancora gravato dall'egemonia culturale di tradizioni di pensiero antirealiste e antinaturalistiche. Tradizioni che oggi assumono sia i tratti neoidealistici del postmodernismo e del costruttivismo, sia le sempiterne forme dello spiritualismo che fanno leva, ormai anche presso intellettuali orfani dell'ideologia comunista, sulla predisposizione umana al dogmatismo quale risposta acritica all'innata domanda psicologica di certezze. La creazione di cui parla Edoardo Boncinelli è, tuttavia, una funzione naturale dell'organizzazione materiale che caratterizza i sistemi viventi. Sia nel caso dell'evoluzione biologica, la cui creatività, testimoniata da innumerevoli forme diverse, si fonda sul meccanismo di variazione alla cieca e conservazione selettiva dei tratti ereditari che incrementano differenzialmente la sopravvivenza e la riproduzione. Sia nel caso nel cervello umano che, una volta acquisita con lo sviluppo la morfologia da cui dipendono le sue straordinarie capacità, crea sempre nuovi comportamenti e stati funzionali, cosiddetti mentali o psicologici, generando spontaneamente schemi di attività neurale integrata che si selezionano attraverso il rinforzo dell'esperienza.
Fatte queste premesse, nell'ultimo libro Boncinelli racconta, in tre tappe, i suoi rapporti con la psicoterapia e riflette su queste forme di trattamento del disagio psicologico, ma anche sulle dottrine psicodinamiche che da oltre un secolo tentano di giustificarne l'uso e spiegarne la relativa efficacia. È un libro bello e stimolante – Boncinelli scrive come sempre con scioltezza, precisione lessicale e incalzante efficacia – perché dimostra come lo scetticismo scientifico riesca a essere pragmaticamente e sensibilmente aperto a tutti i modi dell'esperienza umana da cui si possano trarre comunque benefici. Anche quando non si è al momento in grado di spiegare l'eziologia di tali benefici, e si è consapevoli che le spiegazioni prevalenti sono incoerenti e inconsistenti. Se anche umanisti e religiosi fossero aperti e sensibili verso i modi della conoscenza scientifica, le cose andrebbero di certo ancor meglio nel mondo.
Boncinelli è stato un biologo molecolare di fama internazionale e ha sempre avuto molto chiaro che cosa è o che cosa non è scienza. Ma intorno ai vent'anni si ammalò di gravi attacchi di panico, da cui guarì grazie a diversi ausili, tra cui la psicoterapia. Dal suo racconto si è indotti a non sottovalutare l'aiuto della madre e del fratello, che gli furono vicini in modi che ai tempi d'oggi sarebbe difficile aspettarsi o metter in atto. Gli fu certo di grande supporto psicologico con la loro costante vicinanza fisica nelle difficoltà affrontate per trasferirsi, alla fine degli anni Sessanta, da Firenze a Napoli, e per trovare posto nel centro di ricerca forse più competitivo che in quel momento esisteva in Italia: il Laboratorio di Genetica e biofisica del Cnr, creato a Napoli esattamente mezzo secolo fa da Adriano Buzzati Traverso.
Anche se non sa dire quanto la psicoterapia gli fu davvero d'aiuto e nonostante le riserve sulle basi empiriche delle teorie psicoanalitiche, il tema lo incuriosiva. Partecipò quindi ai dibattiti tra psicologi junghiani, dato che aveva fatto l'analisi con Aldo Carotenuto. E divenne egli stesso psicoterapeuta, praticando questa attività, con pazienti accuratamente e responsabilmente selezionati per evitare di fare danni, fino a quando rimase a Napoli. Trasferitosi al San Raffaele di Milano, dove nei primi anni Novanta creò un laboratorio di biologia molecolare dello sviluppo, spostò il suo interesse scientifico verso le neuroscienze e, in seguito, intraprese una nuova carriera di commentatore e divulgatore scientifico. Smettendo di fare lo psicoterapeuta.
Boncinelli fa quindi i conti finali con le dottrine psicodinamiche e riafferma l'intrinseca contraddittorietà della metapsicologia freudiana – ragion per cui si dovrebbe smetterla di parlarne come qualcosa di scientificamente plausibile – così come di qualunque ipotesi sull'esistenza di un inconscio dotato di propria autonomia, che diventerebbe accessibile per via di un'elaborazione cosciente di esperienze rimosse o emergenti da un indefinito "profondo". Dice anche che tentare di camuffare l'inconscio psicodinamico con quello "cognitivo" è una forzatura indifendibile. Nel capitolo dedicato alle neuroscienze prova a immaginare in che modo la fisiologia del cervello e le dinamiche che danno luogo alla memorizzazione delle esperienze, alla loro associazione valoriale con emozioni funzionali e alla loro integrazione con le categorizzazione attuali in una serie apparentemente continua di stati di coscienza, potrebbero spiegare la sofferenza psicologica.
Se la psicoterapia viene usata, si deve pensare che sortisca in qualche modo effetti benefici. Boncinelli dedica la terza parte del libro a questo problema.
Ora, accogliendo l'ipotesi che la psicoterapia in qualche modo funzioni, e per alcuni tipi di psicoterapie (quella cognitiva in modo particolare) mirate al trattamento di specifici disturbi ci sono anche delle prove, egli non si contraddice. La storia della medicina è piena di esempi in cui misure efficaci sono state introdotte sulla base di teorie sbagliate. Valga per tutti la diffusione di misure igieniche, che ridussero i rischi di infezioni, a partire dagli inizi dell'Ottocento, assumendo come valida la teoria miasmatica delle malattie contagiose. La corretta spiegazione del perché la costruzione di impianti fognari teneva lontano il colera venne però dalla teoria microbica delle malattie.

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