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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2012 alle ore 20:59.

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Volti da Oscar nelle sale. Proprio nella settimana in cui sono state annunciate le fatidiche nomination, arrivano nei nostri cinema diversi titoli in lizza per la conquista di alcune tra le statuette più prestigiose che verranno consegnate dall'Academy Awards nella notte del 26 febbraio.
Tra questi svetta «L'arte di vincere» di Bennett Miller, che concorrerà con ben sei nomination, tra cui quelle per il miglior film e per il miglior attore protagonista (Brad Pitt).

Tratto da un omonimo romanzo di Michael Lewis del 2003, il film racconta la storica impresa della squadra di baseball degli Oakland Athletics che, durante la stagione 2002, vinse venti partite consecutive stabilendo un nuovo record. Il merito fu soprattutto del General manager Billy Beane che, dopo aver perso i suoi giocatori migliori alla fine del campionato precedente, riuscì a costruire una squadra di valore utilizzando un budget limitato e una nuova forma di calcolo statistico per decidere quali atleti acquistare. Più che un semplice film sportivo, «L'arte di vincere» si può quindi definire un classico ritratto del sogno americano fedele a tutte le retoriche cinematografiche del caso.

Il regista Bennett Miller, tornato dietro la macchina da presa a sei anni di distanza da «Truman Capote: a sangue freddo», dirige con mano sicura il copione, a tratti ridondante, di Aaron Sorkin: il noto sceneggiatore, costretto a riscrivere un precedente script di Steve Zaillian, non riesce a ricreare del tutto quella fluidità verbale che aveva contribuito al successo di «The Social Network», dove aveva riprodotto perfettamente, tramite le voci dei protagonisti, il linguaggio torrenziale di facebook. Seppur appaia quindi un po' contratto nel trattare tematiche (sia economiche che sportive) incapaci di coinvolgere tutti, il suo messaggio universale e, se vogliamo, politico, potrebbe convincere l'Academy ad attribuire a «L'arte di vincere» qualcosa in più delle "semplici" nomination.

Se Brad Pitt, nella categoria per il miglior attore, dovrà vedersela con rivali particolarmente agguerriti (Jean Dujardin e George Clooney in primis), ben più scontata è la vittoria di Meryl Streep, che ha già prenotato il suo terzo Oscar grazie alla strepitosa interpretazione di Margaret Thatcher in «The Iron Lady» di Phyllida Lloyd. Si tratta di un onesto biopic, senza infamia e senza lode, che segue l'intera carriera politica (e non solo) della Thatcher, senza dare un giudizio definitivo sulla figura di una delle donne più potenti e discusse del secolo scorso.
La visione spesso unidirezionalmente femminista può infastidire, ma la chiave nostalgica adottata dalla regista appare una scelta davvero adeguata.

Non sarà candidato agli Oscar, ma conserva il suo appeal, Tom Cruise che troviamo rinato, dopo un periodo di scarsa visibilità sul grande schermo, nel rivestire per la quarta volta i panni di Ethan Hunt in «Mission: Impossible - Protocollo fantasma» di Brad Bird. Questa volta Ethan, scampato miracolosamente a un grave attentato terroristico al Cremlino, si troverà, con la sua squadra, ma senza alcun sostegno da parte del governo americano, a cercare di sventare una guerra nucleare tra russi e statunitensi. Seppur la trama abbia alcuni momenti di stanca e le vicende narrate pecchino talvolta di poca originalità, il ritmo forsennato del film riesce comunque a mantenere gli spettatori coinvolti per tutti i lunghi 132 minuti di durata.

Buona parte del merito è di Brad Bird, l'ottimo regista di alcuni tra i titoli d'animazione più importanti degli ultimi anni, come «Gli incredibili» e «Ratatouille», qui alla sua prima prova in live action. Grazie anche a una strepitosa parte a Dubai, che contiene alcune tra le sequenze più spettacolari viste recentemente sul grande schermo, «Mission: Impossible - Protocollo fantasma» si candida come il possibile vincitore al box office italiano delle prossime settimane. Anche se il fenomenale caso (seppur solamente commerciale) di «Benvenuti al Nord» sarà tutt'altro che facile da scalzare dalla vetta.

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