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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2012 alle ore 08:14.

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Abituarsi alla libertà, per chi non ha mai potuto viverla, non è facile. A volte Faisa viene colta da un senso di smarrimento. Perché quando entra in aula non deve più misurare le parole. Né deve osservare in tralice i colleghi nei corridoi, cercando di indovinare chi di loro potrebbe essere la spia del regime pronta a denunciare i nemici della rivoluzione. E neppure è costretta a ossequiare la professoressa di scienze politiche. «Solo in virtù di quella materia, il Libro Verde, si comportava con noi in modo arrogante – spiega Faisa Ali Hamdi, docente di inglese – Ma ora di lei non si sa più nulla». Scomparsa. Come il regime, come la sua cultura pregna di propaganda, come il nome dell'istituto femminile superiore ospitato in un edificio italiano di architettura fascista. Si chiamava 7 aprile, il giorno in cui Gheddafi proclamò la «rivoluzione degli studenti» in risposta a un tentativo di colpo di stato. Ora solo "Tripoli School". Dell'ex Raiss è rimasto solo il rettangolo bianco che si staglia sulle polverose pareti di ogni aula; lo spazio occupato per anni dal suo grande ritratto. «Ora si può perfino insegnare francese. È una sensazione inebriante», precisa Faisa.
La nuova Libia sta cercando di voltare pagina. Occorre ripartire da zero. Cambiare è la parola d'ordine. Cambiare le istituzioni, la burocrazia, le leggi, l'economia. E cambiare anche il sistema di istruzione utilizzato dall'ex Rais per diffondere la sua propaganda. La nuova Libia ha ora un Governo di transizione. Un po' dappertutto stanno sorgendo i partiti politici, i primi da diversi decenni. Si contendono gli elettori di un Paese in cui la maggioranza non ha però idea di cosa sia la democrazia. I pugili sono ritornati ad allenarsi in improvvisati circoli di boxe, sport vietato da Gheddafi nel 1979 perché ritenuto selvaggio. E sta nascendo un nuovo sistema culturale. Ma come riparare ai danni compiuti da un regime durato 42 lunghi anni? Come liberare le menti degli studenti da quel continuo lavaggio del cervello? Dire loro che esistono altri periodi storici, che la geografia non era quella che studiavano sui libri di testo modellati sulla rivoluzione. Che nel Mediterraneo sono esistite grandi civiltà, pensatori illuminati, filosofi, storici?
Ci vorrà del tempo. Poiché prima tutto ruotava intorno al Libro Verde, un'opera in tre volumi in cui Gheddafi esponeva la sua visione della democrazia e dell'economia. Una dottrina che rigettava i principi della democrazia liberale, auspicando una forma di democrazia diretta basata sui comitati popolari. La Jamahiriya, lo "Stato delle masse", doveva essere una forma di socialismo ispirato all'Islam. In realtà si traduceva in "controllo" delle masse da parte di un regime allergico alla libertà di espressione e ai diritti civili.
Abdulnubi Abughania, direttore del Centro curricula e educazione scolastica, illustra il nuovo programma elaborato in tempi rapidi dal ministero della Cultura. «Pensate – sottolinea – abbiamo avuto solo un mese per rivedere 453 testi scolastici. Un team di 300 esperti ha lavorato giorno e notte su tutte le materie. A fine settembre le copertine dei libri non avevano più le immagini di Gheddafi e del suo Libro verde, bensì la bandiera della Libia liberata». Il lavoro più importante è stato però sui contenuti. «Abbiamo eliminato la propaganda che soffocava l'istruzione, e abbiamo aggiunto le numerose parti omesse». Terminata quest'operazione, ne restava un'altra altrettanto impegnativa: stampare le nuove copie e fare in modo che arrivassero nelle aule in gennaio. A causa della guerra le scuole sono riaperte in ritardo di quattro mesi. Quante copie? «26 milioni e mezzo, per oltre un milione di studenti! – continua Abughania –. Le abbiamo ordinate in Egitto, Italia, Tunisia, Libano. Immaginatevi le difficoltà». Mentre gli studenti tornavano in aula, il sette gennaio, milioni di copie erano ferme al confine con la Tunisia. O nei porti dell'Egitto a causa degli scioperi. Altre ancora perdute. «Ma questa settimana il 90% è arrivato a destinazione».
E ora gli studenti dovranno dimenticare, per poi imparare. Potranno studiare inglese già dalle elementari. Una novità. «Tre materie sono state soppresse – precisa Abughania –: Jamarihiya, studiata alle scuole elementari. Scienze politiche e scienze militari in quelle secondarie». Tre materie fondamentali nel precedente programma. D'altronde di quell'ufficiale, che a soli 27 anni rovesciò la monarchia di re Idris con un colpo di stato indolore, gli studenti dovevano sapere tutto. «Dovevi mostrare di credere nei pensieri di Muammar. I suoi nemici erano i nostri nemici. I suoi amici i nostri amici. Non avevi scelta», conclude Faisa. Avanza una sua allieva, Mutaina. Ha 16 anni. Il velo candido che le copre il capo e i moderni jeans che indossa sono un efficace esempio di come la nuova Libia cerchi di conciliare le sue due anime. «Per anni prima delle lezioni dovevamo recitare a memoria versi del Libro Verde – racconta –. Non potete immaginare cosa significhi non dover indossare la nostra divisa scolastica: un'uniforme militare. «Io voglio sapere chi è Platone, chi Socrate, chi Aristotele. E non ripetere ogni giorno che i partiti politici sono contro la democrazia diretta. Che i guardiani della Jamarihija sono i Comitati popolari», irrompe la sua compagna Fatima.
Tra tutte le materie è la storia quella che ha subito le maggiori modifiche. «Ci sono ora tre testi. Storia antica, medievale e moderna, che includerà anche lo studio della nuova rivoluzione», spiega il direttore del centro curricula. Abbiamo solo aggiunto i fatti, dando anche spazio alla storia della Libia e alle sue diverse culture. Prima non si poteva parlare della minoranza berbera». Le lacune si toccano con mano soprattutto alle scuole elementari. «Nei testi di storia non compariva il nome di re Idris. Del periodo monarchico (1951-1969) non c'era traccia. Come se 18 anni non fossero mai esistiti», si infervora Naema Ibrahim, insegnante di storia all'istituto 23 luglio. «Non si studiava l'antica Grecia, non si sapeva nulla di Sparta e Atene, dei romani sapevamo solo che erano brutali. Giulio Cesare era un emerito sconosciuto. Quanto a voi italiani, eravate descritti come colonialisti venuti a prenderci la terra e a uccidere i nostri figli, sconfitti da Omar Muktar».