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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2012 alle ore 16:07.

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Antoine Doinel aveva quattordici anni nel '58. Già, ma chi era, Antoine Doinel? E cosa mai dovrebbe importare a noi della sua età? Antoine Doinel non esiste, almeno nel senso che, a cercare, non se ne troverebbe traccia in alcuna anagrafe di Francia. Ecco un primo punto fermo, in ogni caso: Antoine Doinel è francese. Meglio, era francese. Antoine Doinel infatti è morto: è morto senza essere mai davvero esistito. Ecco una seconda certezza.

Una terza è che amava le donne. Le amava tutte. Si crucciava del fatto che non ci desiderino, noi uomini, come noi desideriamo loro, «a priori, sistematicamente, fisicamente e astrattamente e sempre per quello che sono: le gobbe per la loro gobba, le borghesi per il loro cappellino, le puttane per le loro gambe, le pudibonde per la loro virtù, le grasse per i loro cuscinetti e le magre per le loro ossa».

Non era però un Don Giovanni, Antoine Doinel. Non era un collezionista di donne. Men che meno era un macho (non disprezzava le donne, le amava davvero). Aveva troppa tenenezza in cuore, per sopportare anche solo l'idea d'esserlo, Don Giovanni o macho. Era troppo entusiasta, troppo indifeso. Pensava che essere donna sia «un mestiere di cui Dio è l'unico padrone».

Tutte qualità positive, le sue? Non sarà che, essendo morto, di lui si dica quel che si dice di ognuno, quando non c'è più? Non stiamo per caso seppellendolo nella memoria? Non lo stiamo forse idealizzando per sbarazzarcene, per metterci una pietra sopra, come si dice con un'immagine crudele che non lascia dubbi? Converrà dunque aggiungere che era un sornione, che rubava e che mentiva. E questo solo per cominciare, a proposito dei suoi innumerevoli difetti.

Era sornione come un vecchio gatto solitario, Antoine Doinel (era sornione e felino già nel nome). Aveva l'aria svagata. Ma gli bastava intravvedere due begli occhi, magari fra gli scaffali di una libreria (amava i libri, quasi quanto le donne), perché subito diventasse vigile e pronto, soprattutto nello sguardo. Proprio come un gatto. Poi, per avere quei due begli occhi, fingeva arrendevolezza, sottomissione, ma finiva sempre per fare di testa sua. Non era quel che si dice un uomo esemplare. «È scaltro - diceva un tale che lo conosceva bene, meglio di ogni altro -, ha del fascino e ne approfitta, mente e ancor più spesso dissimula e richiede più amore di quanto egli stesso ne possa offrire». Era sornione, appunto.
Ma non c'era niente di premeditato in lui, niente di insincero, niente di volgare. Era sempre in buona fede. In ogni caso, ne dava l'idea: «Ha l'aria così sincera quando mente che si ha l'impressione sia lui la prima vittima delle sue stesse bugie».

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