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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2012 alle ore 15:52.

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Con la foto in bianco e nero di Renato Dulbecco in laboratorio, sulla homepage del loro sito web, da una costa all'altra degli Stati Uniti, il Los Angeles Times e il New York Times ricordano il premio Nobel per la medicina vinto nel 1975 per gli studi sul cancro. La stampa Usa ha imparato a conoscere bene lo scienziato italiano immigrato in America nel 1947, diventato cittadino americano nel 1953, morto domenica a 97 anni nella sua casa di La Jolla, vicino a San Diego, in California.

Il virologo che ha contribuito a dimostrare come certi tipi di virus invadono le cellule e causano il cancro, lo scienziato che si è battuto per il progetto del genoma umano, era anche – si legge sul Los Angeles Times - "un pianista di formazione classica", un appassionato di musica che suonava l'opera. E aveva pure l'hobby casalingo del "fai-da-te". Nel necrologio, Thomas Maugh II ricorda che una volta disse al Times: "Se posso prendermi una settimana per fare lavori in casa, per me è la vacanza migliore": Ha ristrutturato la cucina e ampliato la sua abitazione di La Jolla facendo da solo tutto il lavoro, anche quello idraulico ed elettrico.

Affiorano ricordi personali, ma in primo piano è lo scienziato. "Renato era una delle menti più scientifiche più brillanti della nostra generazione. Il suo contributo ha davvero reso il mondo migliore per tutti noi", dice di lui William Brody, l'attuale presidente del Salk Institute, il centro di ricerca sugli studi biologici di La Jolla, in California, di cui Dulbecco fu uno dei fondatori (nel 1962) e poi il presidente.

Il Los Angeles Times spiega come i suoi studi hanno spianato la strada allo sviluppo del vaccino antipolio Sabin, riassume "l'elegante serie di esperimenti" con cui ha dimostrato come il Dna del virus diventa parte integrante del Dna della cellula ospite. Le scoperte fatte insieme ad Howard Temin e David Baltimore, entrambi suoi ex studenti, sono state premiate con il Nobel nel 1975. Il quotidiano californiano sottolinea che, nel ricevere il premio, Dulbecco lanciò un appello per maggiori restrizioni sull'uso del tabacco per il suo potenziale cancerogeno e chiese ai governi di fare più sforzi per limitare l'introduzione di sostanze chimiche pericolose.

In Italia, durante la Seconda guerra mondiale, prestò servizio come ufficiale medico e fu inviato in Russia. Fu ferito e rimandato in Italia, dove si nascose vicino a Torino e si unì alla Resistenza. Di quel periodo, il New York Times, nel servizio di Denise Gellene, evoca un episodio raccontato dallo stesso Dulbecco: quando il treno che lo portava in Russia si fermò a Varsavia, vide i lavoratori della ferrovia con la stella gialla. Chiese di loro e gli fu risposto che erano ebrei che sarebbero stati uccisi una volta finito il lavoro. Fu inorridito: "Quello fu il mio punto di svolta", disse poi Dulbecco.

"La sua ricerca è stata il faro che ha mostrato chiaramente che i cambiamenti del genoma possono portare al cancro", afferma Inder Verma, biologo ed ex collega di Dulbecco al Salk Institute.
Dopo il Nobel, ha proseguito nello studio del cancro al seno, mettendo a punto una tecnica per individuare le cellule cancerogene mediante la loro "firma genetica". Nel 1986 propose di catalogare i geni umani per avere una conoscenza più profonda del cancro. "Diede l'impeto intellettuale per il progetto del genoma umano", che fu completato nel 2003, scrive il Nyt.

"Era un'idea coraggiosa", osserva il Washington Post in un articolo di Adam Bernstein, "in un'epoca in cui molti scienziati si accontentavano di guardare ai geni specifici relativi al loro campo". Ma Dulbecco "previde la necessità di svelare il genoma umano come prerequisito per comprendere la natura del cancro".
Molti ricercatori – spiega il Lat - pensavano allora che il progetto del genoma umano fosse eccessivamente costoso e relativamente inutile. Invece, si è rivelato un progetto inestimabile per la ricerca biologica. Dulbecco ha anche contribuito a organizzare un progetto genoma in Italia di breve durata, ricorda il Wp.

Sulla sua strada, Dulbecco ha lavorato con molti premi Nobel. Già durante gli studi a Torino, conobbe Salvatore Luria e Rita Levi Montalcini, due precoci studenti che poi avrebbero vinto il Nobel. Nel 1947, fu Luria a chiamarlo all'University of Indiana, dove condivise il laboratorio con James Watson, che successivamente vinse il Nobel per il suo ruolo nella scoperta della struttura del Dna. Dulbecco fu reclutato dal California Institute of Technology a Pasadena nel 1949, dove insieme a Marguerite Vogt sviluppò un metodo che fu essenziale per il vaccino antipolio Sabin. Oltre al Nobel, Dulbecco ricevette anche il prestigioso premio Albert Lasker Basic Medical Research Award, nel 1964, per il suo lavoro sulle cellule del cancro.

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