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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2012 alle ore 08:02.
L'ultima modifica è del 21 febbraio 2012 alle ore 10:52.

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Con Renato Dulbecco scompare un protagonista di primo piano della ricerca biomedica fondamentale nel secondo Dopoguerra e uno dei padri della virologia molecolare. Senza dimenticare che in assenza del suo sostegno e aiuto il Progetto Genoma Umano non sarebbe stato varato così rapidamente e che egli ha fatto il possibile per aiutare il suo Paese d'origine, l'Italia, a riorganizzare la ricerca biomedica in base a criteri di qualità ed efficienza. Sarebbe opportuno evitare di dire, per mera retorica nazionalistica, che Dulbecco era italiano: nello stesso anno in cui gli fu assegnato il Nobel (1975), lo scienziato perdeva infatti la cittadinanza italiana.
A lla fine del 2005 Dulbecco decideva di lasciare per sempre l'Europa e l'Italia, cioè di non dividersi più tra la California e la sua casa di Lugano, per sentirsi definitivamente americano.
Dulbecco era nato a Catanzaro il 22 febbraio 1914 – domani avrebbe festeggiato il 98° compleanno - e, malgrado nutrisse un forte interesse per la matematica e la fisica, decideva di laurearsi in medicina a Torino, sotto la guida di Giuseppe Levi.

Alla scuola di Levi conosceva Salvador Luria e Rita Levi Montalcini, che come lui sarebbero emigrati negli Stati Uniti, dove avrebbero contribuito ad aprire nuove frontiere della ricerca biomedica. Negli Stati Uniti Dulbecco arrivava nell'autunno del 1947, viaggiando con Rita Levi Montalcini, e veniva accolto inizialmente da Luria a Bloomimgton. Nel 1949 si traferiva al California Institute of Technology, dove sotto la guida di Max Delbruck iniziava a studiare i virus oncogeni animali. Al Caltech Dulbecco creava un agguerrito gruppo di ricerca, di cui facevano parte Margherite Vogt e Howard Temin. Insieme dimostrarono che l'infezione di cellule animali normali con alcuni virus oncogeni ha come conseguenza l'incorporazione nel genoma della cellula di geni derivati dal virus, che successivamente danno luogo alla trasformazione tumorale della cellula. In pratica, Dulbecco metteva a punto le metodologie che avrebbero consentito a Temin e David Baltimore di scoprire l'enzima trascittasi inversa (Dna polimerasi Rna dipendente) che consente ai geni dei virus con un genoma a Rna di retro-trascrivere i geni in Dna e quindi incorporarli nella cellula ospite. È stata questa anche la motivazione con cui gli è stato assegnato il premio Nobel nel 1975.

Le ricerche di Dulbecco hanno consentito di comprendere i meccanismi molecolari di alcune forme di tumore - in particolare quelli causati da virus oncogeni - e di conseguenza anche i processi di trasformazione delle cellule normali in cellule tumorali. Sulla base di queste conoscenze sono migliorate le strategie di lotta contro il cancro.
Nel 1962 Dulbecco si trasferiva al Salk Institute di La Jolla, e nel 1972 all'Imperial Cancer Research Fund. Nel 1986, nel corso di alcune conferenze pubbliche e con un famoso editoriale pubblicato su Science, proponeva di sequenziare il genoma umano, affermando che in questo modo si sarebbe arrivati a comprendere le basi genetiche del cancro. Grazie al ruolo che aveva svolto nel varo del Progetto Genoma Umano, Dulbecco riusciva a far entrare anche l'Italia tra i paesi primi consorziati per cooperare a livello internazionale nell'impresa. Così nel 1993 tornava in Italia per dirigere l'Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR, ma di lì a un paio d'anni il governo italiano si sarebbe chiamato fuori.

Convinto che si dovesse fare qualcosa per far capire agli italiani l'importanza della scienza, e soprattutto della ricerca nel campo della genomica come potenziale sbocco per la prevenzione e la cura delle malattie, accettava di partecipare all'edizione 1999 del Festival di San Remo, condotto quell'anno da Fabio Fazio. Il compenso ricevuto per la partecipazione al festival lo destinò a Telethon per la creazione del Dulbecco Telethon Institute.
Convinto che il mondo italiano della ricerca pubblica fosse incapace di usare criteri meritocratici per il finanziamento dei progetti, nel 2005 collaborava a creare il Progetto NOBEL (Network Operativo per la Biomedicina di eccellenza in Lombardia) promosso dalla Fondazione Cariplo, che stanzia 12 milioni di euro su tre anni per promuovere la ricerca scientifica d'eccellenza.

Dulbecco non coltivava solo una passione per la ricerca scientifica, ma anche per la musica, in particolare per il pianoforte e per Bach, e per la comunicazione della scienza. Accettò, infatti, di guidare una cordata che, negli ultimi anni Novanta, vinse un bando internazionale per realizzare lo studio di fattibilità della Città della Scienza di Roma. Naturalmente a Roma non è poi mai stata realizzata una città della scienza. Dulbecco ha pubblicato doversi libri di divulgazione, tra cui Ingegneri della vita (1988), Il progetto della vita (1989), Scienza, vita e avventura (1989) e La mappa della vita (2005).

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