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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2012 alle ore 08:17.

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Certo, è un bel documento: una pergamena del 1366 lunga più di un metro e larga 53 centimetri e mezzo, anche se non ha nulla della carta medievale riccamente miniata e «messa ad oro» che di solito s'immaginano i cultori del Medioevo in calzamaglia, oggi tanto di moda nelle sagre e nei blogs. Ma se appena si conosce qualcosa di paleografia e di diplomatica, le due scienze-sorelle che insegnano a leggere e a interpretare le antiche carte, è uno scrigno pieno di sogni quello che esce da quelle righe d'inchiostro qua e là evanito. Vi si legge di drappi di seta decorati di strani animali e di rose, di sacchi di rabarbaro, di «coperte tartare» (tappeti?), di tessuti dai colori cangianti, di «zendadi» finissimi, di gioielli tempestati di perle, di rubini e di smeraldi, di cinture d'argento, di pregiate redini da cavallo, di monete. Il tutto, calcolato insieme con altri beni, per un valore che sembra sfiori le 4mila lire veneziane: che nella seconda metà del Trecento potevano equivalere a circa 1.081 di quelle splendide monete ch'erano i ducati di Venezia, gli «zecchini», poiché secondo l'amico Reinhold Müller, che ringrazio, verso il 1366 un ducato equivaleva a tre lire e 14 soldi di «piccioli» (alla fine del Quattrocento si sarebbe stabilizzato a sei lire e quattro soldi; va tenuto presente che per fare una lira occorrono 20 soldi). Calcolando che un ducato pesava tre grammi e 55 d'oro purissimo, tanto per darvi un'idea, 1.081 ducati erano un po' più di tre chili e 800 grammi d'oro, ma con un potere d'acquisto molto superiore al trend attuale. Un patrimonio.
L'8 marzo, Festa della Donna, si aprirà a Venezia, nelle sale di Ca' Pesaro, una prestigiosa mostra di documenti animatori della quale sono Raffaele Santoro, direttore dell'Archivio di Stato cittadino da cui il materiale proviene, e Alessandra Santoro, diplomatista di quell'Università. Trenta documenti, datati tra 847 (il primo, venerabile) e la fine del Quattrocento, per illustrare il tema – che dà il titolo alla mostra – «Donne di Venezia». L'agire femminile tra antiche subordinazioni e nuove libertà. Tra quei documenti, trova posto la lista di quegli oggetti preziosi.
Ma di che si tratta? La risposta spiega perché quel documento diventerà per i visitatori la massima attrazione. Si tratta, nientemeno, che del tesoro di Marco Polo: e in quanto tale era già noto e pubblicato.
L'intenzione degli espositori è tuttavia diversa e meno spettacolare, ma ben più raffinata, della semplice esposizione di una curiosità poliana. Qui siamo di fronte alla testimonianza della lucida volontà e della vittoria in tribunale di una donna. Una donna anziana e vedova, per giunta. Non era una cosa poi tanto comune.

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