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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2012 alle ore 08:17.

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Il 12 luglio del 1366 Fantina Polo, figlia del grande Marco (ch'era defunto ormai già da 42 anni) e vedova di Marco Bragadin, riuscì a sbrogliare una matassa familiare vecchia di parecchi anni. Essa si presentava difatti accompagnata dall'avvocato Balduino Signollo nella Corte del procurator ai giudici Marco Dandolo, Giovanni Michiel e Natale Ghezzo esibendo il testamento del defunto dominus Marcus Paulo de confinio S. Iohanis Grisostomi, olim pater suus redatto dal notaio Giovanni Giustinian il giorno 9 gennaio 1324. In esso, il viaggiatore nominava eredi universali le tre figlie Fantina, Bellella e Moretta.
Ora, dopo la spartizione dell'ingente eredità paterna, Fantina era andata ad abitare col marito Marco Bragadin nella casa paterna; ma l'uomo aveva messo le mani sull'eredità della moglie e l'aveva trattata evidentemente come cosa propria. Morendo, l'aveva poi trasmessa alla sua potente famiglia, la quale non solo aveva fatto di tutto per non restituirla alla donna, ma l'aveva affidata in custodia ai Procuratori di San Marco in quanto amministratori dei beni del defunto. Ora Fantina, sostenendo che tutto quel ben di Dio apparteneva non già al Bragadin bensì a lei, si metteva coraggiosamente in causa non solo contro la famiglia di lui, ma anche contro la magistratura dei Procuratori: e, nella fattispecie, contro Andrea Contarini e Niccolò Morosini, i due illustri amministratori dell'eredità bragadiniana. Diaula d'una mugièr, questa vedova non più giovane e probabilmente ormai sola al mondo ce la fece. Coraggiosa lei, ma solertissimi anche i giudici della Serenissima, che non solo decretarono che di quell'eredità si dovesse recuperare tutto il possibile, ma decretarono altresì che i due nobilissimi Procuratori dovessero rifondere a Fantina anche le spese processuali, per il valore – non poi stratosferico, ma nemmeno trascurabile – di nove ducati d'oro. La proverbiale giustizia che si amministrava sotto le ali del leone di San Marco, e che il grande pubblico conosce attraverso lo shakespeariano Mercante di Venezia, trova qui una testimonianza precoce e inappuntabile, davvero degna di celebrare la Festa della Donna.
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il convegno economia e donne
Il documento sarà esposto fino
al 1° aprile a Ca' Pesaro in una mostra curata da Alessandra Schiavon con altre testimonianze della vita femminile a Venezia
nel Medioevo (dall'Archivio di Stato diretto da Raffaele Santoro) nell'ambito di DoVe. Donne a Venezia. «Creatività, Economia, Felicità», manifestazione organizzata dall'Assessorato
alle Attività Culturali del Comune (8-11 marzo). Tra le iniziative:
il convegno «Le donne fanno l'economia» (Palazzo Ducale,
9 marzo) con Annamaria Tarantola, vicedirettrice della Banca d'Italia; tavola rotonda
sul ruolo dei mass-media nella costruzione dell'estetica femminile; incontro con
Edward De Bono (Ateneo Veneto, 10 marzo). Saranno ricordate cinquee donne che a Venezia e nel mondo hanno lasciato un segno indelebile: Peggy Guggenheim, Eleonora Duse, con uno spettacolo di Elena Bucci alla Fondazione Cini, Felicita Bevilacqua La Masa, Olga Levi Brunner e la pittrice Giulia Lama. Per informazioni: www.donneavenezia.it

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