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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2012 alle ore 19:05.

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Di certo della sua azienda non si può lamentare, perché negli ultimi due anni il fatturato è cresciuto del 18 per cento raggiungendo i 12 milioni di euro. Le esportazioni rappresentano il 72 per cento, con il Paesi del Nord Europa che fanno la parte del leone, la Germania innanzitutto. Basta osservare le montagne di tronchi accatastati nel piazzale che aspettano di essere lavorati, per capire che gli affari girano: cedri del libano, ciliegi americani, sequoie rosse (2) e roveri. Mentre parliamo una nuvola di segatura si alza da un tavolo in Kauri millenario, dove due operai con la mascherina provvedono a levigatura e spigolatura. Entrando in falegnameria l'essenza del cedro ci avvolge e il rumore delle lame rotanti quasi stordisce. «Ci vogliono idee e oggetti particolari, in giro c'è una produzione massificata. Noi tentiamo di fare cose diverse, a volte funziona», urla Davide sovrastando il frastuono.

Una macchina a controllo numerico a cinque assi (3) sibila e scolpisce un ceppo, per le forme più difficili ci impiega anche otto ore: «Sono macchine dotate di una testata orientabile che può muoversi su due assi inclinati – oltre agli assi x, y, z – e sono in grado di realizzare qualsiasi tipo di sagoma. Ci sforziamo di mantenere un'equilibrata miscela di automazione e lavoro manuale», dice ancora. Dentro c'è un pezzo di Briccola di Venezia, che serve per gli interni della Cambiano, concept car di Pininfarina presentata al Salone dell'auto di Givevra e che verrà riproposta interamente in legno al Salone del Mobile di Milano. Ma cosa sono le Briccole? Una delle idee "particolari" dei fratelli Riva: «Ci siamo chiesti che fine facevano i pali piantati nella laguna di Venezia, quelli che servono a guidare le imbarcazioni, all'ormeggio e a segnalare la bassa marea. Sono in rovere, quasi indistruttibile, anche se il moto ondoso prima o dopo ha il sopravvento. Poi i molluschi marini, uno in particolare che si chiama teredine (4), le scavano lasciando i piccoli fori rotondi del loro passaggio. Ogni otto anni vanno sostituite e ogni anno centinaia di Briccole, che sono lunghe 12 metri, vengono tirate su dall'acqua salata. Abbiamo pensato di comprarle per farci dei mobili e di regalare una terza vita a questo legno segnato dal mare: quella vissuta nei boschi, poi quella in laguna e infine come arredo. Il riuso del legno è una cosa importante in un mondo fragile».

Le Briccole «disegnano il paesaggio lagunare più di qualunque altro elemento da almeno cinque secoli e nei documenti d'archivio le troviamo fin dal 1439», spiega Renata Codello, Sovraintendente per i beni architettonici e paesaggistici di Venezia che ha benedetto il progetto. Queste creature anfibie erano lì tra mare e cielo, bastava prenderle. Le ha scoperte Maurizio Riva, anche se si definisce «un semplice falegname». Ogni giorno vengono prodotti in questi capannoni canturini 70 pezzi fatti con quercia di Briccola (che deve essere prima essiccata a forno per uccidere i microbi) e sono firmati dal gotha del design mondiale. Tanto per fare qualche nome: Philippe Starck, Alessandro Mendini, Enzo Mari, Thomas Herzog, Antonio Citterio, David Chipperfield, Luisa Castiglioni, Mario Botta, Matteo Thun, Carlo Colombo, Pierluigi Cerri, Terry Dwan e Franco e Matteo Origoni. Ma ce ne sono altri: per esempio il modello più venduto è la consolle di Claudio Bellini battezzata Venice (che per la cronaca costa 7.400 euro) seguita dalla cassettiera Rialto disegnata da Giuliano Cappelletti (ancora per la cronaca venduta a 3.600 euro). Poi c'è la libreria Briccolone di Michele De Lucchi che si dichiara estasiato «dalla bellezza del materiale corroso dai molluschi, dall'acqua, dal sale, dal tempo, dai gondolieri, dai turisti, dai topi, dai colombi…».

A parte le grandi firme, Riva 1920 ha lanciato lo scorso anno un concorso aperto a tutti i designer per progettare una panchina fatta di Briccola. Risultato? Mille designer e 730 progetti arrivati da tutto il mondo, sei dei quali sono stati scelti, premiati e realizzati. E adesso parte il secondo concorso: tema il tavolo. «Lo facciamo per dare un'opportunità ai giovani che oggi purtroppo ne hanno davvero poche. Ma sono loro il nostro futuro», spiega Maurizio mentre ci accompagna al Museo del Legno, che hanno costruito a due passi dalle loro fabbriche e interamente rivestito di larice siberiano naturale. Dentro ci sono 3mila macchine e utensili per lavorare il legno, ovunque appesi alle pareti e anche sul terrazzo: pialle, tavoli di lavoro, combinate, pulitrici, seghe a nastro, bindelle. Al centro un tavolo lungo 12 metri in un pezzo unico di Kauri. Altra idea "particolare", quella del Kauri millenario delle paludi. Un legno che viene dal più grande e famoso albero della Nuova Zelanda, che però la legge vieta di tagliare. Ma i Riva non si sono arresi: cataclismi e sconvolgimenti naturali alla fine dell'ultima era glaciale ne hanno abbattuto intere foreste ricoprendole con acqua e fango. Da questi pantani australi estraggono il legno e lo riportano in vita creando tavoli fatti con Kauri giurassico di 40-50mila anni fa. Le crepe vengono livellate con resine speciali e i segni del tempo non sono cancellati perché «accettiamo il nodo, la fessura e l'imperfezione – dice Maurizio, mentre scopa via i trucioli sotto un trapano a colonna – questo è vero legno, noi ci mettiamo manualità e artigianalità».

Uno dei loro tavoli in Kauri, "Ground Zero", è stato battuto all'asta da Christie's per 300mila euro. Il ricavato è stato devoluto alle famiglie dei pompieri di New York scomparsi l'11 settembre. Perché il design è anche sociale. L'ultima sfida è quella di creare arredamento con il rovere francese delle botti utilizzate per l'affinamento del vino nella comunità di San Patrignano. Dopo tre vendemmie infatti barrique e tonneau sono destinate alla distruzione. Tocca a trenta design internazionali donare nuova vita alle doghe esauste, perché qui a Cantù il legno non muore mai. E comunque può sempre risorgere, soprattutto se serve a dare una mano ai ragazzi di San Patrignano. «Ma io, lo scriva, sono solo un falegname di bottega come mio fratello e prima mio padre Mario e prima ancora mio nonno Nino», si schermisce Maurizio brandendo la mazza rossa. Ma qualche dubbio in proposito ci resta.

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