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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2012 alle ore 11:12.

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«Ah j'adooore ma cuisine!», «Ah j'adooore ma chambre!...» Ogni volta che mi mostra una stanza Marie Jose Botte esplode in commenti entusiasti. La casa non è grande o lussuosa. Ma ha una particolarità che si riscontra solo nel principato. Si trova all'ingresso del cimitero. O meglio: è la conciergerie del cimitero. C'è un'altra conciergerie all'uscita opposta, sei piani di tombe più su, e da cui si vede il mare ma la custode è in vacanza. «Una di noi deve essere sempre presente», dice Marie Jose, 365 giorni l'anno, Natale compreso.

Il cimitero di avenue Pasteur non è molto grande ma è l'unico della una città-Stato che conta più residenti ufficiali che abitanti reali e si sviluppa in tutte le direzioni e soprattutto verso il cielo – non mancano progetti di sviluppo edilizio sull'acqua – avendo una superficie territoriale ridottissima (due chilometri quadrati). Solo il Vaticano è più piccolo, ma non raggiunge i mille abitanti contro i 35.881 del principato retto dal 2005 da Alberto II. Per diventare cittadini "basta" possedere un'abitazione e risiedervi per almeno tre mesi. Per uno studio (come viene chiamano romanticamente un monolocale) non si spende meno di mezzo milione di euro, per un bilocale come quello di Giancarlo Tulliani su boulevard Princesse Charlotte anche il doppio (come sa chi ha seguito la vicenda Fini-Tulliani).

Gru e cantieri, nonostante la mancanza di spazio, fervono ovunque per le strade del regno arroccato sullo sperone di roccia e traforato di tunnel. Fu Ranieri a dare avvio all'espansione edilizia, alla "rapallizzazione" lussuosa e mondana, guadagnandosi il titolo di Prince batisseur, principe costruttore. Alberto, che ha compiuto 54 anni lo scorso 14 marzo, ha dato una virata ecologista: nel 2006, appena dopo la morte del padre, ha firmato il protocollo di Kyoto, istituito a proprio nome una fondazione "dedicata alla protezione dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile" (fpa2.com) e promosso la compensazione delle emissioni dello Yacht Show che quest'anno si tiene il 12 e 13 settembre e del Gran Premio che si corre il 27 maggio.

I piloti, non solo di Formula 1, storicamente hanno sempre amato Monaco e stanno tornano ad abitare nel principato. Scrive Monaco Matin: «È ufficiale: Lewis Hamilton, pilota di formula 1 e campione del mondo nel 2008 è residente monegasco». Come Hakkinen, Bruno Senna, Coulthard. «Altri come Felipe Massa (scuderia Ferrari) o ancora Jenson Button (scuderia McLaren, campione del mondo nel 2009) non sono ufficialmente residenti ma grandi habitué». La politica d'attrazione dei personaggi fa capo a Henri Fissore, "Monsieur attractivité". Assi nella manica: tranquillità, sicurezza, tasse ridotte e una discrétion légendaire, una riservatezza, anche bancaria, ancora maggiore della Svizzera.

Polo attrattivo per una congrega cosmopolita di happy few il principato di Monaco – che molti chiamano Montecarlo per sineddoche col suo quartiere più famoso – ha una popolazione originaria in buona parte d'origine italiana. Tra le tombe del cimitero predominano cognomi come Aicardi, Burlandi... Tutt'al più un Proietti francesizzato in Projetti. E del resto Grimaldi, il cognome della famiglia regnante del principato che festeggerà i sette secoli dalla fondazione nel 2014, non suona diversamente. «Per avere il posto di concierge – spiega Marie Jose – bisogna essere veri monegaschi. Quando mi è stato offerto io non avevo nessuna esperienza ma cercavano qualcuno solo per tre mesi. Sono qui da dodici anni. Prima avevo una boutique ma l'ho lasciata senza rimpianti, non ne potevo più d'avere a che fare con tutta quella gente... Ai vivi preferisco i morti. Hanno molto di più da dire. Prima ancora sono stata modella. Uno stilista mi ha consigliato di accorciare il mio nome in José Joy. Così firmo i miei quadri».

La conciergerie è una specie d'atelier, con riproduzioni della Dama con l'ermellino sul muro esterno, angeli ben più rubicondi di quelli che vegliano sulle tombe, un busto romano e all'interno i quadri che lei realizza: «Li vendo in tutto il mondo, ho iniziato a esporli nella boutique e i clienti me li chiedevano. Vanno in America, Svezia, Praga...». Praga? «Nell'appartamento di un cliente italiano, il figlio del fumettista Bonelli». L'inventore di Tex è sepolto qui, sotto una colonna di bronzo sormontata da un cowboy in ginocchio con in mano il cappello e accanto il cavallo. Poco più sotto c'è la tomba di Josephine Baker, nel settore Mimosa (i sei piani di tombe a terrazza del cimitero hanno nomi di fiori e piante: Caprifoglio, Jackaranda...).

«Gliel'ha donata la principessa Grace», dice Marie Jose. L'amicizia con Grace Kelly risale a quando la donna con la gonna di banane fu contestata in un club degli Stati Uniti e l'attrice lasciò il locale per solidarietà anti-razzista. Josephine fu un simbolo della lotta all'apartheid che sopravviveva in alcuni aspetti della vita americana e quando Martin Luther King fu ucciso le venne offerta la guida del movimento. Rifiutò dicendo che non ci teneva a lasciare orfani i suoi figli. Ben dodici. "La tribù arcobaleno" era composta da bambini adottati ai quattro angoli del mondo con cui andò a vivere nel castello di Milandes riducendosi sull'orlo della bancarotta. Fu salvata da Grace che la fece venire a vivere qui e nel ‘75 finanziò la celebrazione al Bobino di Parigi per i 50 anni di carriera della venere nera. Morì due giorni dopo la première, per un ictus che la colpì nel letto circondata dalle recensioni entusiaste. Fu la prima americana a ricevere gli onori militari in un funerale in Francia. L'attività di controspionaggio durante l'occupazione tedesca (in quel periodo il principato si mantenne neutrale) le fruttò la Legion d'Onore. A quei tempi essere divi "progressisti", lottare contro il razzismo, circondarsi d'una "tribù arcobaleno", non era facile come per Angelina Jolie o George Clooney.

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