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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2012 alle ore 08:14.

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Di vittime il gran tour ne ha fatte tante. Anche tra gli artisti danesi. Prima Bertel Thorvaldsen e Hans Christian Andersen, che dallo scultore si fece mantenere durante il suo soggiorno romano. Poi in tempi più vicini a noi il pittore del gruppo Cobra Asger Jorn scelse Albissola per soggiornarvi a lungo e realizzare indimenticabili ceramiche. L'ultima vittima è piuttosto illustre. Margherita II di Danimarca oltre a essere un capo di Stato è anche un'artista tanto apprezzata nel suo Paese – e fin qui rientrerebbe nella categoria dei Reali con la passione per l'acquerello e i trofei – quanto fuori dai confini del Regno. La incontro a Roma dove al Museo Nazionale romano in Palazzo Massimo s'inaugura la personale «I regni immaginari. Dentro la favola I cigni selvatici di H.C. Andersen» con opere che Margherita II ha realizzato per il film I cigni selvatici, proiettato in anteprima nazionale all'interno della mostra.
L'allestimento comprende i découpage impiegati per la scenografia e i costumi realizzati a mano. Una sezione speciale è invece dedicata ad alcuni schizzi che Andersen realizzò a Roma e che per la prima volta escono dalla casa museo di Odense. Mentre faccio anticamera incontro il ministro della Cultura Uffe Elbaek, fondatore della scuola KaosPilots di Aarhus, un riferimento europeo per la formazione durante gli anni Novanta. Gli chiedo del museo Heart di Herning, una recente costruzione di Steven Holl che ospita una notevole collezione di arte moderna italiana. Hanno in collezione un numero di Piero Manzoni che nessuna istituzione pubblica italiana può vantare. Mi anticipa che il prossimo padiglione danese alla Biennale di architettura di Venezia sarà dedicato alla Groenlandia e all'emergenza climatica, lo sfruttamento di energie alternative nonché le possibilità della cultura del design in un contesto estremo come quella regione. Terminato il colloquio il ciambellano mi accompagna in una sala del museo e mi presenta Margherita II.
L'udienza privata non durerà a lungo. Dalla biografia risulta che ami molto la letteratura, soprattutto Tolkien di cui ha illustrato nel 1977 un'edizione de Il signore degli anelli. Le chiedo se il rapporto con le fiabe di Andersen l'abbia spinta addirittura a una produzione cinematografica. «Tutto il lavoro intorno I cigni selvatici è stato una grande esperienza per me. Più cercavo di penetrarci a fondo più la fiaba si rivelava ricca. Le immagini che contiene, e che mi avevano affascinata già da bambina, si dispiegavano in tutta la loro varietà e rafforzavano la mia ammirazione e il mio amore per l'arte di Andersen. Perciò spero che gli stessi découpage eseguiti per il film possano dare alla fiaba una nuova vita presso il pubblico dei lettori».
La mostra è un pretesto e la conversazione non può toccare temi politici per protocollo. Mi concentro sul ruolo che riveste l'arte nella quotidianità di un personaggio politico così influente nella società scandinava. Passatempo o urgenza? «È un'urgenza – mi dice con fermezza –. È qualcosa di cui ho bisogno per esprimere me stessa. Principalmente dipingo ma posso dire che non esistono campi della creatività dove non mi sia cimentata. Ho avuto il privilegio di occuparmi di moltissime discipline e questo è assolutamente affascinante se pensiamo ad arti come il cinema, i costumi, le scenografie teatrali. Inoltre se penso ai découpage che realizzo posso dire che significano molto per la mia ricerca artistica». L'erede al trono, il principe Federico ha affidato la ristrutturazione di alcune stanze della residenza di Amalienborg ad artisti danesi di rilievo internazionale come Olafur Eliasson e aperto le porte al pubblico per un lungo periodo.
In Danimarca l'idea che l'arte contemporanea migliori la qualità dello spazio domestico è un concetto diffuso e trasversale. «Mio figlio – spiega la regina – è particolarmente interessato all'arte contemporanea. Anche io l'apprezzo ma non ho mai avuto il desiderio di collezionarla. Lui, invece, sente il bisogno di circondarsi di opere poiché crede nel valore della cultura e la supporta, in particolare se realizzata da artisti danesi». Tuttavia Margherita II precisa «il mio caso è ben diverso dal suo».
Eppure le ricordo che poco prima aveva insistito sull'arte come espressione integrante la vita di una persona e l'identità di un luogo. «Assolutamente, tanto più in un Paese come l'Italia dove la ricchezza è nella presenza di antico e nuovo in ogni angolo. Penso all'arte medievale del Nord Italia ma anche ad artisti contemporanei. Questo Paese ancora esercita una forte carica di ispirazione per gli artisti che lo visitano. Penso agli impulsi che l'arte italiana mi ha dato in questo progetto, molte vedute dei découpage escono da ricordi di viaggi e da dipinti che ritrovo nei cataloghi d'aste di Christie's e Sotheby's. Comincio a tagliare e incollare i ritagli con grandi forbici (le mitiche Fiskars dal manico arancione, ndr). Ritagliando diverse immagini ci si avvicina molto alle cose, si impara a conoscerle. Se ripenso a quando ho cominciato a realizzare questo genere di opere più lavoravo, più la cosa si faceva interessante e stimolava la possibilità di creare immagini. Nel campo di tensione nato dall'accostamento di immagini che non hanno assolutamente niente a che fare l'una con l'altra si crea una storia. Per concludere non posso dire di essere stata ispirata da un'opera d'arte italiana in particolare ma dalla cultura di questo Paese invece sì. Per esempio per il progetto del film ho guardato con curiosità a quegl'artisti danesi del Diciannovesimo secolo che spesso dipingevano vedute romane».