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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2012 alle ore 18:47.

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La Chiave di Tinto Brass (Olycom)La Chiave di Tinto Brass (Olycom)

Gianluca Fabi, critico cinematografico, se deve parlare del cinema erotico, chiama in causa l'Onan il barbaro che è in ognuno di noi. Una citazione di un cult "storpiato" per sottolineare come l'arte voyeuristica per eccellenza, il cinema, sia la più adatta a farci spiare le nostre fantasie sessuali dal buco della serratura.

Pensare a Lino Banfi e Alvaro Vitali, Lando Buzzanca e Renzo Montagnani che rincorrono le grazie di Edwige Fenech e Nadia Cassini, pensare alle docce conturbanti e alle dottoresse scollate, alle soldatesse intente in grandi manovre e a dame del castello a cui piace troppo fare quello, è fin troppo facile.

La commedia sexy degli anni '70, le sue statuarie protagoniste hanno cresciuto almeno tre generazioni tra sale, tv private e dvd. Proviamo a ricordare la musa di Tarantino, Barbara Bouchet, l'infermiera e liceale Gloria Guida e ancora Paola Senatore, Janet Agren, Lilli Carati e un'innarrivabile Laura Antonelli. Alfiere di una squadra di qualche decina di dive rappresentate qui da scelte operate sulla base del gusto personale (e ci perdonino le altre, ma i primi amori non si scordano mai).

Qui, però, proviamo a cercare quel cinema erotico d'autore che potrebbe partire da Gola Profonda con la sfortunatissima Linda Lovelace per arrivare a Charlotte Gainsbourg, torturata da Lars Von Trier in Antichrist: più ancora dei suoi amplessi, ricorderemo però la sua dolorosa recisione del clitoride quasi in primo piano.

Decisamente più soft è stato il danese in Melancholia, dove ci mostra uno dei topless più belli del cinema - Kirsten Dunst, seconda solo, forse, alla Halle Berry di Codice Swordfish - e un più pudico tradimento della fresca e triste sposina.

Partendo dall'Italia sappiamo che in quel famoso buco della serratura va inserita La chiave: un difficile e sensualissimo menàge matrimoniale passa per il corpo burroso e irresistibile di Stefania Sandrelli accarezzata da un Tinto Brass mai più così ispirato (tornerà a quei livelli, in tono minore, con Paprika, scoprendo, in tutti i sensi, Debora Caprioglio e, in maniera ancora più blanda, con Così fan tutte, noto per il manifesto che inquadra di spalle e senza slip, Claudia Koll).

Spingendoci fino all'estremo Oriente, invece, ad essere "eccitanti" sono già i manifesti: da Sex and Zen di Michael Mak (rifatto anche in 3D) a Il gusto dell'anguria di Tsai Ming Liang (neanche vi diciamo dove va a finire l'ingombrante frutto), da L'impero dei sensi di Nagisa Oshima a Lussuria di Ang Lee c'è solo l'imbarazzo della scelta.

Quest'ultimo al grande regista valse il suo secondo Leone d'Oro, ma a dirla tutta, però, i bellissimi Tony Leung e Tang Wei, già Miss Universo, nelle loro acrobazie sessuali al limite dell'impossibile - aiutate dalla fotografia di Rodrigo Prieto e dalle musiche di Alexandre Desplat - non raggiungono l'erotismo della scena d'amore appena accennata tra Jake Gyllenhall e il compianto Heath Ledger (già Casanova, lupus in fabula) in Brokeback mountain.

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