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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2012 alle ore 16:54.

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Con riferimento a queste disposizioni, si registrano importanti recenti interventi normativi, tutti diretti a incentivare il ricorso alle agevolazioni in argomento.

Anzitutto, l'art. 40, comma 9, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto significative misure di semplificazione delle procedure in materia di agevolazioni fiscali per i beni e le attività culturali, prevedendo la sostituzione dei relativi adempimenti burocratici con un'autocertificazione, salvi i necessari controlli successivi a campione da parte dell'Amministrazione. In secondo luogo, l'art. 42, comma 9, del medesimo decreto legge ha fatto giustizia della previgente disposizione normativa - di dubbia legittimità costituzionale - che impediva l'integrale riassegnazione al Ministero per i beni e le attività culturali delle somme erogate dai privati a titolo di liberalità. La nuova previsione stabilisce ora espressamente che le somme versate all'erario da soggetti pubblici e privati per uno scopo determinato, rientrante nei fini istituzionali del Ministero, siano assegnate alla predetta Amministrazione e da questa destinate necessariamente allo scopo per il quale sono state elargite.

Si auspica che l'adozione di queste misure possa consentire finalmente di raggiungere l'intero plafond destinato alle agevolazioni fiscali richiamate, che finora sono state utilizzate in misura nettamente inferiore rispetto ai mezzi di copertura previsti nel bilancio dello Stato. Ma, nell'ottica di un complessivo ripensamento del sistema fiscale, anche queste misure meriterebbero di essere potenziate. Un primo obiettivo, minimale, dovrebbe essere almeno quello di consentire anche alle persone fisiche l'integrale deduzione degli importi dalla base imponibile dell'imposta, come già previsto per le persone giuridiche. Si tratterebbe di una innovazione che si stima possibile adottare senza particolari difficoltà per il bilancio dello Stato, atteso che, come si è detto, lo stanziamento complessivo in bilancio per le agevolazioni sopra indicate non è mai stato integralmente sfruttato.

Ma una vera fiscalità di vantaggio per la cultura potrebbe e dovrebbe richiedere uno sforzo ulteriore. Non si può non richiamare, in proposito, la disciplina vigente in Francia (art. 238 bis del Code général des impôts), che prevede la ben più incisiva misura della detraibilità dall'imposta dovuta, nella misura del 60%, dei versamenti effettuati dalle imprese soggette all'imposta sui redditi o all'imposta sulle società in favore, tra l'altro, di opere o di organismi di interesse generale aventi carattere culturale o concorrenti alla valorizzazione del patrimonio artistico, ovvero in favore dei musei di Francia, o ancora a beneficio dell'apposita "Fondazione del patrimonio" - deputata a promuovere la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale - per il fine specifico di sovvenzionare i lavori da eseguire su immobili di pregio non destinati allo sfruttamento commerciale.

Andrea Carandini è archeologo e presidente del Consiglio superiore del MiBAC

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