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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2012 alle ore 11:51.

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Queste sono foto lucide, opache, sfocate, a fuoco. In bianco e nero, i colori del passato, i colori degli incubi. Niente colore per la morte, come se rendere quegli scatti simili al reale fosse un sacrilegio. Alcune sono fin troppo chiare, altre incomprensibili. Spesso ne cogliamo immediatamente il senso, in altre ci sfugge e vorremmo che nessuno scrivesse didascalie, che nessuno ci dicesse chiaramente cosa ritraggono. Preferiamo vedere una X, dei sacchi che pendono dai tralicci, un'insegna sfocata, murales.
Eppure ci parlano di un mondo che ci appartiene. Che, seppure lontano, detta regole anche qui da noi. Il Sudamerica produce e distribuisce la coca consumata in tutto il mondo. Produce quello che in troppi considerano il carburante dei corpi e la sua produzione, distribuzione, la spartizione dei traffici, dei territori, annienta i corpi di chi vi è coinvolto. E ancora una volta bambini, appena adolescenti, baby killer e baby affiliati che per pochi soldi si allenano a diventare soldati della droga. Soldati professionisti.

Chiazze di sangue, fori di proiettile su vetri e mura, bambini con abiti e borse più grandi di loro, con smorfie da adulti, che i loro corpi e i loro volti indossano con disinvoltura. Facce contuse, rivoli di sangue e bocche spalancate. Occhi truci, occhi smarriti, occhi indifferenti, occhi abituati. Corpi tumefatti. La disperazione delle forze dell'ordine, la loro perenne complicità. Armi puntate per gioco, armi puntate per paura, armi puntate per noia, armi puntate per soldi. Armi. Mani in faccia per disperazione, braccia conserte per rassegnazione. Foto in posa con passamontagna, felpe griffate e armi tirate a lucido e bambini, bambini ovunque, che camminano per strada senza far caso a un cadavere appena superato o in capannelli dopo una sparatoria. I bambini, le loro facce, il loro contegno, ci raccontano un territorio in cui chi presta soccorso è rassegnato e guarda in camera provando ad accecarci con quella torcia sull'elmetto. Meglio non vedere, meglio concentrarsi sulla luce. Forse.

foto di Javier Arcenillas

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