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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2012 alle ore 08:18.

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Ma i quaderni non sono l'unico testo da valutare. Accanto occorre misurare quei contenuti con ciò che Gramsci scrive nelle sue lettere. Un corpo variegato e complesso perché molte sono le persone che entrano, in relazione, diretta o indiretta, con Gramsci. Dunque il suo sforzo riflessivo passa e diventa comprensibile se si considerano anche altri carteggi che fanno entrare in gioco molte persone e con esse di molte lettere che hanno Gramsci come interlocutore e oggetto (e su cui un primo risultato, imprescindibile, sono i due volumi curati da Chiara Daniele, rispettivamente Togliatti editore di Gramsci, edito da Carocci nel 2005 e il carteggio tra Antonio Gramsci e Tania Schucht, edito da Einaudi nel 1997).
In Italia ci sono Tania, e poi i due fratelli di Gramsci, Carlo e Gennaro, che lo visitano in carcere, e che poi riferiscono attraverso canali diversi alla direzione di partito, passando tutti per Cambridge, ovvero per Piero Sraffa.
Poi c'è Sraffa, appunto, figura di grande rilievo in tutta questa vicenda, a lungo rimasto indietro, ma che almeno dal 1924 è un membro del Pci sotto copertura e in questa veste interlocutore diretto di Togliatti, ma anche della direzione della III Internazionale per ciò che riguarda la questione Gramsci.
Ci sono i famigliari di Gramsci in Urss a iniziare dalla moglie, Giulia, poi dall'altra cognata Eugenia, ma anche dal suocero Apollon. Un cosmo familiare su cui pesa l'ombra del controllo della Gpu, soprattutto su Giulia.
Infine i membri del Pci, non solo Togliatti, ma soprattutto Ruggiero Grieco, autore di una lettera nel febbraio 1928, indirizzata a Gramsci in carcere e su cui Gramsci avrà sempre il sospetto che sia stata una delle cause del fallimento della sua liberazione. Lettera che Togliatti giudicherà sempre grave avere scritto, e su cui Sraffa si esprime in varie occasioni. Quella più rilevante è del 1937, poco dopo la morte di Gramsci, quando ne darà un'interpretazione riduttiva, in termini non chiari, comunque contorti. Quella lettera, invece, costituisce un argomento su cui Gramsci torna insistentemente per tutto il suo periodo di detenzione ogni volta che si ripresenterà l'ipotesi di una possibile attenuazione della sua carcerazione e dello scambio di prigionieri. Poi ci sono le circostanze complicate, molto elaborate con cui prende corpo dapprima il suo passaggio a Formia nel 1934 e poi alla clinica Quisisana dove egli muore in condizione di libertà, ottenuta senza contrattare o ritrattare nell'aprile 1937.
Insomma un insieme di persone e di ruoli che complicano il quadro e costringono a prendere in carica una notevole mole di materiali, in gran parte acquisiti negli ultimi venti anni, e oggi conservati alla Fondazione Gramsci a Roma, grazie all'apertura degli archivi della III Internazionale a Mosca.
E tuttavia a leggere attentamente questo libro di Vacca, in alcuni passaggi molto denso e in altri complicato dalla necessità di tenere aperti contemporaneamente molti dossier, si ha l'impressione che ancora ci sia del lavoro da fare, anche se molto è stato fatto. In breve che tutto necessiti di altri approfondimenti. Diversamente da dove ci saremmo aspettati, questi luoghi non sono solo lungo l'asse Roma-Mosca, indagando la lenta costruzione dell'Archivio del Pci a Roma, la gestione delle carte di Gramsci da parte di Togliatti, e la politica stop and go degli archivi russi.
Ciò che emerge dal libro di Vacca, infatti, è che ci sia un terzo vertice del triangolo che passa per Cambridge, tra le carte, pare molto schive di un grande economista e che per molti finora era solo un amico lontano, poco avvezzo a scrivere (come ben si sa dalla mole esigua dei suoi "puntuti" saggi di economia) e noto soprattutto per l'edizione degli scritti di David Ricardo. E che se non soprattutto, certo in maniera rilevante a partire da quelle carte (ed eventualmente da quelle che lo riguardino e conservate a Mosca) si tratti di continuare l'indagine.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giuseppe Vacca, Vita e pensieri
di Antonio Gramsci. 1926-1937, Einaudi, Torino, pagg. 368, € 33,00

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