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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2012 alle ore 08:13.

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Una corona da cinque tonnellate e 13mila piante differenti installata nel St James Park, nel centro di Londra, per festeggiare il Diamond Jubilee, ovvero i 60 anni di regno di ElisabettaUna corona da cinque tonnellate e 13mila piante differenti installata nel St James Park, nel centro di Londra, per festeggiare il Diamond Jubilee, ovvero i 60 anni di regno di Elisabetta

«Vascelli, navigli, chiatte. Mille, o tante, da nascondere finanche le acque». Nell'agosto del 1662, dal tetto di Whitehall, Samuel Pepys scrutò a lungo il Tamigi per poter narrare nei suoi Diari – spaccato straordinario della vita di Londra fra la peste e il grande incendio – lo sfarzo voluto da Carlo II per ricevere la sposa Caterina di Braganza.

Oggi quelle stesse acque sono oscurate per celebrare i sessant'anni di Regno di Elisabetta II, monarca più longevo nella storia dei Windsor alle spalle della sola Vittoria. A occupare le sponde del fiume da Battersea bridge a Tower bridge ci pensa una flotilla di mille imbarcazioni d'epoca, di foggia inusuale, o di valore storico-culturale, allineate dietro Gloriana, chiatta reale mossa dalle braccia di 18 vogatori, imbellettata con gli stemmi della Casa. Elisabetta II sarà a bordo della più confortevole Spirit of Chartwell, barge di 67 metri uscita dai cantieri di Rotterdam e agghindata per la festa sessanta anni e centodiciotto giorni dopo l'alba del 1952 quando la figlia di Giorgio VI salì al trono.

Elizabethan (II) England è un'era, se solo ci si sofferma al pensiero che le mani della sovrana hanno dato o tolto il mandato a tredici primi ministri da Winston Churchill a David Cameron, zigzagando fra la crisi di Suez e il '68, fra le nebbie del fumo di Londra e il lezzo esotico del caso Profumo, fino alle Falklands e Iraq, con Harold Mac Millan o Margaret Thatcher, Harold Wilson o Tony Blair. E, più potenti di tutti nell'immaginario collettivo, Beatles e Rolling Stones, Mary Quandt e, e, e, e... si perdonino le amnesie, ma il catalogo è senza fine. Più che dai ricordi è scandito dalla storia che Londra spolvera muovendo proprio dallo sguardo di Samuel Pepys le cui note di cronista hanno ispirato la scenografia che Harold Evans, master della cerimonia sul Tamigi, ha allestito con l'occhio ben ispirato dalla fase londinese del Canaletto.

Le processioni navali da Carlo II in poi hanno segnato la vita del Grande Fiume, tornato protagonista dell'omaggio reale che molte imbarcazioni avrebbero voluto condividere (ci saranno due Gondole storiche) se è vero che il bando per la sfilata era stato sottoscritto dal triplo di quanti avranno il diritto di parteciparvi. Sorry, fully booked, anche lungo le banchine del fiume e nei quartieri dove Londra s'accenderà in street parties che si protrarranno per quattro giorni, accompagnando il concertone rock davanti a Buckingham palace (lunedì sera) e la processione (martedì) nel centro quando 57 membri della famiglia reale affiancheranno Elisabetta e il principe Filippo alla messa di Westminster.

L'evento è straordinario prologo di una season estiva d'eccezione che avrà, quest'anno, il clou nelle Olimpiadi 2012 radicate nell'East end. Il paragone con il matrimonio di Kate e William è, pertanto, inevitabile e calzante. Come le nozze dell'erede, il Giubileo di Elisabetta è atto supremo di riconciliazione nazionale che si consuma all'apice della crisi quando, ancor più del 2009, il popolo britannico cerca certezze. Le scosse dell'euro l'hanno spinto a rinculare come mai prima oltre le spiagge della Manica, a vivere l'Europa come continente ancor più alieno del solito e l'avventura della moneta unica come un azzardo dal quale vantar l'astensione. Mai come ora, l'Inghilterra apprezza la propria solitudine, avvertendo al tempo stesso il timore che la nuova condizione porta con sè.

Per attenuare il disagio del dubbio, s'aggrappa ai simboli. A Elisabetta, assai più che a Kate e William. I sondaggi che svelano un picco di consenso mai visto prima con il 70% dei cittadini, anzi dei sudditi, che vede nei Windsor garanzia di benessere. Meglio con loro che senza di loro, in un ecumenico abbraccio trasversale a tutte le classi sociali, compartimenti ancora rigidi nel l'Inghilterra elisabettiana, spuntati, ovviamente, delle asperità più odiose tipiche dell'epoca vittoriana. Un mondo diverso abbastanza da consentire il ribaltamento delle certezze care alle "beat generation versione inglese", quella che Vivianne Westwood seppe incarnare con genialità. Citiamo lei per la sincerità che ha mostrato nei giorni scorsi quando la regina ha voluto incontrare i rappresentanti del mondo delle arti e della musica spingendo Bono a confessare pubblicamente di aver fatto sorridere Elisabetta quando nonostante il sangue irlandese ha riconosciuto che la sovrana «parla gaelico... ma io no!». Ma è stata la stilista più eccentrica, crediamo, della generazione britannica targata Seventies a riservare la vera confessione. «Ho creduto a lungo che la regina incarnasse tutta l'ipocrisia di cui è capace questo Paese. Non la penso più così, il ruolo è al di sopra della politica. È cemento sociale per lo straordinario lavoro al servizio della nazione».

Non basta liquidare con la maturazione dell'età l'affettuosa conversione di madam Westwood, anche perché, passati i decenni, la sovrana è sempre la stessa. Londra è elisabettiana, oggi, più che mai. Per convinzione, ma anche per pragmatismo. Le feste aiutano soprattutto in tempi di crisi. Il Diamond Jubilee porta con sé commozione e distrazione, amor patrio e quattrini. Mezzo miliardo di sterline sostiene il Centre for retail research che ha messo in fila il valore aggiunto di ogni singola bandierina offerta a ogni singolo viaggiatore che mette piede all'aeroporto di Heathrow, a ogni singola bottiglia di champagne, cordiale omaggio che una catena di alberghi riserva a tutte le clienti battezzate Elizabeth. E anche l'industria del gadget sfida quella fiorita nei giorni delle nozze di Kate e William. Emma Bridgewater, industriale della ceramica, ha confessato pubblicamente di aver prodotto, distribuito e venduto più pezzi in queste settimane che nella primavera dello scorso anno. Mani bucate per celebrare il presidente di The Firm, ovvero la Royal Family spa, capace di generare un business, diretto e indotto, stellare, se è vero che il brand Windsor vale 45 miliardi di sterline, due terzi di Facebook.

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