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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2012 alle ore 11:09.

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Tra croci, spari e gang bang Madonna si autocelebra a Roma: «La regina sono io» (Italyphotopress)Tra croci, spari e gang bang Madonna si autocelebra a Roma: «La regina sono io» (Italyphotopress)

Se non altro, ci ha provato. Il suo intento più o meno dichiarato, sin dalla vigilia, era quello di alzare ancora una volta l'asticella del politicamente corretto. Aveva infatti promesso - a chi la ama e a chi la odia - «uno show all'insegna di Dio e Vaticano». All'indomani del suo megaconcerto all'Olimpico di Roma, si può tranquillamente dire che madame Louise Veronica Ciccone, artista coperta dal marchio registrato di Madonna, ha tenuto fede agli intenti: nel corso dell'esibizione se l'è presa con i candidi marmi di Oltre Tevere, ha sparato sul machismo dominante nella civiltà occidentale e ha sfottuto pure la regina d'Inghilterra fresca di giubileo di diamante.

Certe provocazioni, nell'anno Domini 2012, non graffiano però come avrebbero fatto qualche tempo fa. Colpa della società dello spettacolo e della secolarizzazione del mondo, direbbero quelli che queste cose qui le studiano.

Il ritardo della Regina. Il primo suo bersaglio è proprio Elisabetta II. «There's just one queen» (C'è solo una regina), ha detto sua maestà del Pop. Con un'ora e un quarto di ritardo, davanti a 42mila fan tra i quali pure il Pupone Francesco Totti accompagnato dalla moglie Ilary, Madge si autocelebra. La sovrana del pop - dopo una introduzione cantata in basco da monaci-ballerini avvolti in lunghi mantelli porpora - parte con il singolo di lancio del suo ultimo album, «Girl gone Wild». Pantaloni attillatissimi e camicetta nera, capelli lunghi sciolti sulle spalle, la Ciccone prova a farsi perdonare per il ritardo offrendo una partenza dance da navigata protagonista dell'entertainment. Balla con gli aitanti ballerini che la lanciano a destra e sinistra. Per poi sparare loro con un fucile e passare a «Revolver» e «Gang Bang», brani che canta, stavolta impugnando una pistola, in una stanzetta dimessa nella quale campeggia un enorme crocifisso di legno (aridaje!) e dove uccide a revolverate, tra le urla e gli applausi del suo popolo, diverse figure maschili.

La frecciata a Lady Gaga. Poi una hit degli anni Ottanta, «Papa don't preach» (Papà, non mi fare la predica), la cui esecuzione è quasi obbligatoria su suolo romano. Dopo «Hung up» in versione synth-pop, in cui cammina su un filo con ballerini funamboli, arriva «I don't give a» che la Signora strimpella alla chitarra. Tempo del primo cambio d'abito (otto in totale, tutti firmati da Arianne Phillip), sulle note di «Express yourself», in un mash up con «Born this way» della rivale Lady Gaga, altra icona italo-americana accusata di plagio dalla signora Ciccone. La Germanotta dalla Nuova Zelanda ha reagito dicendo di non voler essere la regina di niente, ma solo sua amica. E comunque di non aver copiato nulla. Chissà per quanto questo serial andrà avanti. Con «Give me all your lovin» un gruppo di ballerini appaiono sospesi nel vuoto, appesi a fili che li fanno salire e scendere sul palco.

Un po' di fondoschiena. Eccola di nuovo alla chitarra in «Turn up the radio», pezzo il cui videoclip doveva essere girato a Roma domenica scorsa ma pare sarà realizzato invece nel weekend a Firenze, dove Madonna si esibirà sabato allo stadio Franchi. «Ti amo», dice la diva tra una strofa e l'altra facendosi stringere le mani dai fan adoranti. Salto indietro nel tempo con «Open your heart», poi «Sagara Jo» con il Kalakan Trio. Nuovo cambio ed eccola in «Vogue avvolta» in un bustino-gabbia, elegantissima in camicia-pantaloni black&white come da repertorio. In «Human Nature» a Istanbul aveva mostrato il capezzolo: non ha fatto il bis, ma ha mostrato però la scritta «No fear» (Niente paura) sulla schiena e una minima parte del fondoschiena. Per poi commentare: «Quando vengo a Roma non so mai cosa succederà, ma so che mi piace vivere pericolosamente». Nel 2008 «Like a Virgin» la dedicò a papa Ratzinger. Stavolta ne offre una versione lentissima per voce e piano che pare spiazzare il pubblico.

Il finale tra forma e sostanza. In chiusura, dopo «I'm addicted», «I'm a sinner» e naturalmente «Like a Prayer», c'è tempo per il suo inno: «Celebration». A Roma s'è portata dietro i due figli Lourdes e Rocco, anche loro parte dello show, e il suo toyboy di 23 anni Brahim Zalbat. Sarà poi allo stadio San Siro di Milano giovedì e sabato allo stadio Franchi di Firenze. Ad agosto compie 54 anni ma prosegue imperterrita la sua missione scandalizzatrice. Il problema sta forse nel fatto che un capezzolo o un fondoschiena lasciati intravedere nel 2012 non riescono rivoluzionari come le esibizioni falliche di Jim Morrison datate 1969. In mezzo ci sta tutta la distanza che passa tra forma e sostanza.

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