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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2012 alle ore 13:55.

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Una lettrice, Elisa Stella, ci aveva chiesto (in una lettera nel Sole Junior del 27 maggio) di parlare dei premi Nobel dell'economia. Accolgo volentieri la proposta, anche se la serie sarà solo occasionale. Di premi Nobel dell'economia, dal 1969 a oggi, ce ne sono stati finora 43, e abbiamo quindi tempo, ogni tanto, di parlare di uno di questi. Ma cercherò di farne più di uno all'anno, così che un giorno (di questo secolo) avremo agguantato anche l'ultimo premiato.

Comiciamo allora dal primo vincitore: il primo Nobel dell'economia fu assegnato, nel 1969, a due econometrici, Ragnar Frisch (norvegese) e Jan Tinbergen (olandese) con la stessa motivazione: «Per aver sviluppato e applicato modelli dinamici per l'analisi dei processi economici». Cosa vuol dire?

Se andate al Science Museum a Londra potete vedere la macchina di Phillips. Sembra quasi un giocattolo: tubi trasparenti, luci, serbatoi, valvole e l'acqua di diversi colori che scorre da una parte all'altra. Questo marchingegno è una rappresentazione idraulica di come funziona un sistema economico. Fu creato nel 1949 da Bill Phillips, un ingegnere neozelandese che diventò economista: lo mise assieme nel 1949 nel suo garage a Croydon, vicino a Londra (usando perfino rottami da un bombardiere Lancaster!). Phillips nacque nel 1914 in una fattoria in Nuova Zelanda e passò la maggior parte della Seconda guerra prigioniero dei giapponesi. Era stato catturato mentre cercava di trasformare un vecchio autobus in una barca così da poter andare in Australia. Nel campo rischiò la morte per rubare alcuni componenti e mettere insieme una radio e anche uno scaldacqua da 2mila watt, così da potersi preparare una tazza di tè prima di andare a dormire. I giapponesi non capirono mai perché ogni sera alle 10 le lampadine del campo diventavano più fioche...

Ma veniamo al nostro Tinbergen. L'economia, come Phillips dimostrò (il suo aggeggio ricevette una sensazionale accoglienza alla London School of Economics, dove lui poi andò a insegnare) è una macchina. L'acqua del reddito scorre e si divide poi fra consumo e risparmio, secondo percentuali che possono essere regolate da una valvola; il risparmio fluisce nell'investimento, quello che si domanda per consumi o investimenti attiva la produzione di quei beni, la produzione genera redditi per i lavoratori e profitti per il capitale, redditi e profitti vengono spesi, e il cerchio si chiude. Prima di chiudersi, però, ci sono altre complicazioni che Phillips inserì nel suo macchinario: una parte del reddito va alle tasse, le tasse finanziano le spese pubbliche. E poi l'investimento è sensibile a un'altra valvola, quella che rappresenta il costo del capitale, cioè il tasso di interesse. E poi una parte della spesa va all'estero, per pagare le importazioni, e una parte della produzione passa la frontiera (esportazioni).

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