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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2012 alle ore 20:20.

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Signore e signori, il gran giorno è arrivato: il 25 giugno allo Stadio Dall'Ara di Bologna si celebra infatti il tanto atteso Concerto per l'Emilia, show supportato dalla tv pubblica che scomoda quasi tutto il gotha emiliano-romagnolo di rock e pop per raccogliere fondi da destinare alle vittime dell'interminabile sciame sismico che ha colpito la produttiva regione del Centronord.

Di biglietti disponibili ne restano davvero pochi, fanno sapere gli organizzatori, tanto che appare quasi scontato, a poche ore dal via, immaginare un coreografico sold out degno dei tempi in cui in quello stadio esultava un certo Giacomo Bulgarelli. Il popolo della musica di fronte a certi drammatici avvenimenti risponde infatti sempre compatto, merito dello storico tastierista dei Nomadi Beppe Carletti averlo chiamato a raccolta.

Una line-up pluralista. Salta all'occhio subito l'eterogeneità degli artisti coinvolti, accomunati in alcuni casi soltanto dall'origine geografica. L'ex leader dei Ladri di Biciclette Paolo Belli si farà accompagnare da musicisti provenienti dalle zone terremotate. Francesco Guccini, padre nobile dell'Italian folk, eseguirà «Il vecchio e il bambino», i Nomadi grideranno «Io voglio vivere», probabile jam tra Gianni Morandi e gli Stadio mentre un alone di mistero circonda l'esibizione di Raffaella Carrà, tra gli ultimi ad aggiungersi alla scaletta. Poi Samuele Bersani, il ritorno di Caterina Caselli, la leggera Laura Pausini, l'immancabile Zucchero e soprattutto Ligabue, uno che gli stadi li riempie da solo.

Blasco grande assente. Mancherà Vasco Rossi ma sarebbe stata una notizia il contrario: ufficialmente in convalescenza, il cantante di Zocca sta lontano da tutto ciò che riguarda il suo antagonista di Correggio. Non è affatto un mistero che non si stimino: non c'è spazio per due galli nel pollaio dell'Italia rock. Anche quando varrebbe la pena mandare al Paese un messaggio di distensione e unità nella diversità. L'evento sarà costruito secondo i canoni televisivi: la diretta di Rai1 impone Fabrizio Frizzi conduttore e pause per gli spot. Altro must, il ricordo di Lucio Dalla che, fosse stato tra noi, sarebbe stato il primo a rispondere all'appello di Carletti. Non a caso: il Lucio nazionale è figlio di un'epoca in cui i benefit live rappresentavano il senso del rock per l'attivismo civile.

La scommessa di Harri. In principio fu The Concert for Bangladesh, organizzato al Madison Square Garden nell'agosto '71 dall'ex Beatle George Harrison a sostegno della popolazione della regione del subcontinente himalayano prima colpita dal ciclone Bhola poi travolta dalla guerra civile. A sensibilizzarlo sul tema fu il maestro di sitar (nonché papà di Norah Jones) Ravi Shankar, a raccogliere la sfida un cast stellare: da Bob Dylan a Eric Clapton, da Ringo Starr anch'egli reduce dall'esperienza con i Fab Four a Leon Russell. Se ne ricaveranno un incasso di 250mila dollari, la pubblicazione di un triplo album e un film. Tutto destinato all'Unicef.

Quando si mobilitò la disco. Nel '79, sempre per l'Unicef, scesero in campo le stelle della disco music all'epoca imperante: tra gli altri Bee Gees, Abba, Donna Summer ed Earth Wind and Fire. Appuntamento all'Assemblea generale dell'Onu, insieme con le icone country John Denver e Chris Kristofferson, per raccogliere fondi per l'infanzia. Quello stesso anno, sempre nella Grande Mela, un manipolo di artisti più o meno impegnati si riunirono intorno a Jackson Browne e Graham Nash per dire no al nucleare. Titolo dell'evento: No Nukes.

Il concerto «globale». L'idea più innovativa la ebbe però nell'85 il folk-singer irlandese Bob Geldof che, a sostegno dell'Africa piagata dalla fame, organizzò un live in contemporanea sulle piazze di Londra, Philadelphia, Sydney, Colonia e Mosca coinvolgendo tra gli altri artisti del calibro di Queen, U2, Neil Young, Led Zeppelin, Dylan e Mick Jagger. Fu un successo planetario, bissato venti anni dopo dal Live 8, il cui intento era sensibilizzare gli otto grandi della terra a cancellare il debito dei Paesi poveri. Tra i momenti indimenticabili dell'esibizione (che coinvolge anche la piazza di Roma) anche l'ultima reunion dei Pink Floyd in formazione completa.

Beneficienza o pubblicità? La storia dei benefit live abbraccia insomma oltre quarant'anni e spazia dai tre (!) concerti per le vittime delle Twin Towers al Live Earth voluto da Al Gore a sostegno della sua causa ambientalista. Nessuno discute la nobiltà degli intenti ma, sin dalla loro invenzione, chi pensa male propone il solito interrogativo: guadagnano di più in beneficienza le vittime della catastrofe di turno o in pubblicità gli artisti che sposano la causa? Facciamo così, in ogni caso: il 25 giugno lasciamo i cattivi pensieri fuori dallo Stadio Dall'Ara.

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