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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2012 alle ore 08:17.

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Mi occupo di neurologia comportamentale. I pazienti neurologici che hanno subito una piccola lesione nel cervello o un piccolo cambiamento genetico hanno a volte cambiamenti mentali profondi eppure selettivi che chiamiamo «deficit percettivi e cognitivi», e non soltanto un generale ottundimento delle facoltà mentali.
Questo ci consente di correlare struttura e funzione, e di capire come mai una massa gelatinosa di un chilo e mezzo che sta nel palmo della mano può contemplare lo spazio interstellare, il senso dell'infinito, di Dio, dell'amore, della carità e della pietà. E addirittura contemplare se stesso che contempla, quello che chiamiamo senza molto rigore auto-consapevolezza di sé.
Ci sono pazienti che continuano a sentire la presenza di un arto fantasma o sostengono che appartenga al loro medico; che ne chiedono l'ablazione delle braccia; che dicono di non esistere o che il loro corpo non esista.
Abbiamo avuto addirittura un paziente che non riesce più a contare o dire il nome delle proprie dita perché ha la mano gonfia e dolente per colpa di una minuscola frattura di un osso del dito (una distrofia simpatica riflessa). È uno studio ancora preliminare, ma se viene confermato, si tratta di un caso stupefacente di retroazione di un danno fisico che danneggia selettivamente un'area del cervello (il lobulo parietale inferiore) implicato nel contare e nel nominare le dita!
Cercare di sviluppare nuove terapie è una sfida. Abbiamo scoperto che con uno specchio da cinque dollari è possibile creare l'illusione di un arto che si muove senza dolore. In certi pazienti questo basta a curare il dolore in un arto fantasma, in uno reale, e persino il dolore e la paralisi dopo un ictus. L'efficacia è stata confermata in esperimenti in doppio cieco rispetto a un placebo, per esempio da Christian Dohle per l'ictus, Jack Tsao per l'arto fantasma e Angelo Cacchio, qui in Italia, per la distrofia simpatica riflessa. Il grado di ripresa è variabile, resta da vedere quale paziente migliora di più. La tecnica del feedback con lo specchio ha anche aperto la strada a trattamenti intensivi con la realtà virtuale.
Nell'ultimo trentennio le ricerche sul cervello si sono basate sul modello dell'Intelligenza artificiale. Si pensava che il cervello consistesse in moduli specializzati, organizzati in maniera gerarchica, che autonomamente elaboravano e rendevano espliciti alcuni aspetti delle informazioni prima di trasmetterle al modulo seguente per un'ulteriore elaborazione. Che sin dalla nascita i geni avessero cablato i moduli, i quali non interagivano molto tra loro.
Ma si tratta di una rappresentazione sbagliata, salvo in casi specifici come l'area V4 per il colore o l'ippocampo per l'acquisizione dei ricordi. I moduli sono altamente malleabili, in costante equilibrio dinamico, potremmo dire, con gli altri, con l'ambiente, con carne e ossa (come nel caso della distrofia simpatica riflessa) e persino con altri cervelli attraverso i neuroni specchio di Giacomo Rizzolatti. Perfino una distinzione elementare come quella tra sensorio e motorio diventa sfocata.

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