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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2012 alle ore 16:02.

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Un Immagine presa a New York il 10 maggio 2005, mostra Rolling Stones, Mick Jagger e Keith Richards. (Afp)Un Immagine presa a New York il 10 maggio 2005, mostra Rolling Stones, Mick Jagger e Keith Richards. (Afp)

Questa storia ha inizio il 12 luglio del 1962, esattamente cinquant'anni fa. È un giovedì e al Marquee Club, locale londinese della centralissima Oxford Street specializzato in jazz dal vivo, si sperimenta ormai da qualche mese la formula della serata blues. Sempre con lo stesso gruppo: la Blues Incorporated del chitarrista Alexis Korner.
Quel giovedì di luglio, però, accade un imprevisto: Korner e i suoi danno forfeit, perché impegnati a registrare alla radio. Il gestore del club, un ragazzo dal palato fine che risponde al nome di Harold Pendleton, è disperato ma il leader della Blues Incorporated lo tranquillizza. Il suo complesso non suonerà, ma si farà sostituire da sei fan accaniti. Il repertorio dopo tutto resta il blues di Chicago, tanto Willie Dixon con qualche spruzzata di Chuck Berry. Alla batteria c'è Mick Ivory che di lì a qualche anno debutterà con i Kinks, al basso Dick Taylor destinato a entrare nei Pretty Things, al piano uno spilungone scozzese di nome Ian Stewart. Ma saranno i rimanenti tre elementi della band a cambiare per sempre la storia: il caschetto biondo Brian Jones e i glimmer twins Mick Jagger e Keith Richards. Siamo insomma prossimi al cinquantesimo anniversario della prima esibizione live dei Rolling Stones, il gruppo che contende ai Beatles il primato di più grande rock and roll band di sempre e che, se non altro, stravince su tutti in quanto a longevità. E coerenza: dopo un decennio di ricerca tra territori musicali del Sud degli States e campi di papaveri allucinogeni, sono arrivati a incarnare all'inizio degli anni Settanta l'idea platonica del rock come la intendiamo oggi.

Anniversari e polemiche. Un anno fa circolavano voci sul fatto che la ricorrenza sarebbe stata salutata da un concerto-evento da tenersi proprio nei luoghi in cui gli Stones mossero i primi passi. Tutto smentito al momento: se siamo fortunati sarà il solo Jagger, il 12 luglio, a porre al Marquee la targa celebrativa del primo live act. Richards dice di appartenere infatti alla schiera di quanti preferiscono post-datare di un anno l'esordio (con la prima line-up ufficiale, completata da Bill Wyman al basso e Charlie Watts alla batteria). In ogni caso dovremo aspettare ancora qualche settimana per comprendere se e quando rivedremo Jagger e soci su un palco e/o in studio di registrazione. Proprio questo mese la band si riunirà a Londra per decidere le sue sorti future. «Mi piacerebbe buttare giù qualche pezzo – ha raccontato Richards nei giorni scorsi – e poi vedere che canzoni abbiamo. E questo va di pari passo col rimettere la band insieme e far muovere di nuovo le cose».
La cinquantesima «leccata». Se non è ancora chiaro che tipo di declinazioni musicali avrà cinquantesima «leccata» della storia degli Stones, si lavora invece moltissimo su altri fronti. Ad aprile scorso, per esempio, hanno affidato al regista Brett Morgen il compito di realizzare un nuovo documentario su di loro. L'ennesimo, dopo i vari «Gimme Shelter», «Cocksucker Blues», «25x5» e «Shine a light», quest'ultimo a firma nientemeno che di Martin Scorsese. L'esagerazione è in tutta evidenza il marchio di fabbrica dei glimmer twins.

Nuovo logo e un pacco di libri. Freschi di logo celebrativo del cinquantesimo anniversario, ricalcato sulla memorabile lingua penzolante ideata da John Pasche 41 anni fa per l'uscita di «Sticky Fingers», gli Stones festeggeranno soprattutto in libreria. Lunedì prossimo esce infatti sul mercato britannico «The Rolling Stones: 50», libro fotografico definitivo (?) sulla loro carriera che pare contenga innumerevoli inediti. Si ragiona di 1.100 scatti, eppure anche qui ci scappa l'effetto deja vu: definitivo doveva essere pure «According to the Rolling Stones» uscito in pompa magna una decina d'anni fa. In ogni caso, qui in Italia non mancheranno chicche per i fan. Gallucci pubblica «The Rolling Stones 1972» (euro 24,90, pp. 168), libro che riunisce le fotto scattate da Jim Marshall in occasione del leggendario tour americano di «Exile on main street» (volume da cui sono tratte le foto della nostra gallery). Arcana dà alle stampe «Io e gli Stones. La nascita della leggenda» (euro 17,50, pp. 288) in cui il collaboratore degli esordi James Phelge ricorda i giorni degli esordi trascorsi insieme.

Finché c'è birra. Incombe tuttavia un interrogativo sul futuro prossimo della band: per quanto tempo ancora resteranno abili e arruolabili alla causa cui hanno dedicato le loro turbolente esistenze? S'è discusso a lungo sul fatto che un eventuale tour nel 2013 potrebbe essere l'ultimo della loro carriera. L'età è quella che è e, già per la tournee di «A Bigger Bang», presentò il conto. Non manca la consapevolezza del tempo che passa: da ragazzi sventolavano fieri «Time is on my side» come fossero immortali, ma già all'apice del successo passeranno alla meditabonda «Time waits for no one». Hanno fatto cose che non sono riuscite a nessun altro. Eccessive, tanto da lasciare per strada compagni di viaggio, tra chi c'è rimasto come Brian Jones e chi ha passato la mano per non rimanerci come Mick Taylor e Bill Wyman. Eppure, conoscendoli, vien da pensare che finché c'è birra andranno avanti. Per ora sono in piedi, più o meno come lo erano al Marquee Club quella sera del 1962. «È solo rock and roll» ma dura da cinquant'anni.

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