Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2012 alle ore 08:15.

My24

Da quando è apparso nell'originale francese, nel 2007, Rinascimenti italiani di Elisabeth Crouzet-Pavan si è imposto come il miglior profilo complessivo del nostro "lungo Quattrocento": il più completo, il più aggiornato, ma soprattutto il più duttile. Non è la prima volta che questa specialista di Venezia nel Medio Evo si confronta con una grande sintesi. Nel 1999 era apparso un ampio lavoro sulla repubblica lagunare, seguito nel 2001 da un volume d'insieme sulla storia italiana del Duecento e dei primi decenni del Trecento (Inferno e Paradiso), di cui ora, nonostante il sessantennio di vuoto che viene ad aprirsi al centro del XIV secolo, Rinascimenti italiani vuole essere un poco la continuazione.
Diciamo subito la sgradevole verità: le grandi sintesi non godono di buona fama nelle facoltà umanistiche. Tutti i docenti ne hanno bisogno, non fosse altro che come strumento di studio da mettere in mano agli allievi; eppure il pregiudizio che si tratti di lavori costruiti su una padronanza di seconda mano della materia, che rispondano a un intento divulgativo piuttosto che conoscitivo e che siano organizzati secondo dei format fissi e in qualche modo prevedibili continua ad allignare nell'accademia. Oscillante tra i colori acidi della pop history e il bianco e nero della più severa manualistica, nessun genere storiografico gode di così poca considerazione tra i colleghi.
Se il libro di Crouzet-Pavan merita di essere letto da un pubblico più ampio di quello che di solito si interessa alla nostra storia rinascimentale, è anche perché – come il precedente Inferno e Paradiso – costituisce una splendida smentita all'atteggiamento prevenuto con cui vengono accolte le opere di insieme. Mi spingerei ad affermare anzi che la studiosa francese ha ragione quando rivendica di aver elaborato negli anni un metodo di lavoro molto originale, che le permette di scrivere dei saggi che si sottraggono alla dicotomia ricerca di prima mano/ divulgazione.
Per capire che cosa rende così particolari i suoi affreschi non c'è niente di meglio che partire dai titoli dei due volumi in cui Crouzet-Pavan si è confrontata con un secolo abbondante di storia italiana: vale a dire dal plurale di Rinascimenti italiani e dalla coppia oppositiva di Inferno e Paradiso. In entrambi i casi si tratta di indizi decisivi. Il plurale di Rinascimenti italiani annuncia molte cose: per esempio che quella che ci verrà raccontata è una storia dai risvolti molteplici, che spazia dalla cultura alla società, dall'economia alle istituzioni e dall'arte alla religione. Proprio quello che ci aspetteremmo da un lavoro di sintesi.
Nel caso di Crouzet-Pavan, però, la rinuncia al singolare non è un mero espediente retorico. La sua scelta implica infatti anzitutto un rifiuto deciso di qualsiasi modello di esplicazione unitario. È possibile che in questo la studiosa francese sia stata guidata dal suo oggetto e dalla necessità di confrontarsi con l'accentuato policentrismo italiano del tempo, senza cadere nell'errore troppo comune di imporre a tutta la penisola le stesse categorie che funzionano per realtà eccezionali come Firenze o Venezia (come a lungo è stato fatto); tuttavia nel suo caso sembra agire qualcosa di più: una speciale sensibilità storiografica per la differenza e per le sfumature. La sensazione è insomma che Crouzet-Pavan si sarebbe scoperta vincolata al plurale anche con altri soggetti di ricerca.
Nelle pagine di Rinascimenti italiani (ma era lo stesso per Inferno e Paradiso) si avverte una speciale voluttà dell'esempio capace di smentire, correggere o per lo meno bilanciare le proposte modellizzanti che nessuna opera di sintesi può esimersi dal proporre. Non appena l'autrice enuncia una legge o una tendenza, ecco infatti che si preoccupa di relativizzarne la portata con un elenco di casi singoli che impongono di riaprire la pratica. Piacenza integra Venezia, Urbino problematizza Napoli. Se insomma le grandi sintesi storiografiche puntano in genere a individuare con sicurezza un ideale punto medio, Crouzet-Pavan punta invece piuttosto sul potere conoscitivo dei fenomeni eslege. Al posto di un astratto (e forse introvabile) minimo comun denominatore, Rinascimenti italiani ambisce insomma a tracciare le opposizioni o le linee di tensione che sorgono tra i troppi fenomeni irriducibili a un'unica formula onnicomprensiva.
Al lettore della Crouzet-Pavan non è mai concesso di riposare su una definizione stabile (nessuno storico è più lontano di lei dall'atteggiamento olimpico di Benedetto Croce, diventato nei suoi seguaci più stanchi una generica volontà di conciliazione a tutti i costi). È come se, per la studiosa francese la conoscenza muovesse dalla periferia (l'eccezione) al centro (il tipico), e se il prevalere statistico di una tendenza particolare potesse emergere solo dopo che i casi più irriducibili a un modello astratto hanno circoscritto il campo delle possibilità. La metafora di un titolo come Inferno e Paradiso offre dunque una perfetta descrizione dello stesso metodo storiografico di Crouzet-Pavan, dove tutta l'enfasi si concentra sugli estremi. La medietà del Purgatorio sarà conoscibile solo in un secondo momento.
Questa attenzione al dettaglio e all'individuum ineffabile permea ogni singola pagina dei lavori di Crouzet-Pavan ed è forse la cifra più riconoscibile dalla sua storiografia. Non è un caso allora che, mentre le sintesi si fondano generalmente soprattutto sulle precedenti ricerche monografiche, la studiosa francese preferisca invece rifarsi agli articoli che descrivono singole realtà particolari e tenga per sé il ruolo di chi, facendo ricadere su Firenze le domande che qualcun altro ha posto a Napoli, porta alla luce un reticolato di problemi e di questioni spesso del tutto inedito.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi