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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2012 alle ore 19:08.
«La festa è finita adesso. Allacciati la cintura, str…». Finisce così, con l'autista che la insulta in diminutivo dopo averla portata in giro per Firenze in compagnia di vari figuranti danzerecci, il video di «Turn up the radio» registrato da Madonna in occasione del suo ultimo tour italiano e da poco messo on line sul canale ufficiale You Tube della pop-star statunitense. Probabile che l'insulto, gratuito come un buon 90% delle provocazioni madonnare, serva soprattutto a giustificare l'«explicit» che fa seguito al titolo del brano.
La Signora è fatta così, nessuno si senta offeso, soprattutto chi vorrebbe offendersi. Ché sennò si finisce per fare esattamente il suo gioco. Sbandiera i contenuti espliciti con fierezza e puntualità, come le critiche a Lady Gaga e le origini italiche. Partiamo da queste ultime: a inizio giugno scorso, nel trantran della tournee nel Bel Paese, fu «notizia nella notizia» il fatto che che la Nostra avrebbe girato un video qui. Prima a Roma, si disse, poi la cosa s'è fatta a Firenze, fotogenica almeno quanto la Capitale. Città della quale Nostra Signora del Pop si dichiara «fan accanita» (sic!).
La dolce vita (supercafona). Ed ecco a voi il videoclip in questione, regia affidata al fotografo di top model Tom Munro. Non sarà un caso: dietro all'operazione pare nascondersi l'idea di coniugare il paradigma de la «Dolce vita» nel Ventunesimo secolo, tra celebrità annoiate, paparazzi assetati di scatti e fan adoranti. Con tanto di eccessivi accessori supercafoni. Un po' l'immaginario felliniano degradato a luogo comune dalle comitive di americani benestanti che vengono dalle nostre parti a svernare. La Madonna che appare nel video in un certo senso potrebbe farne parte: esce dalla grande porta girevole di un grand hotel di lusso completamente vestita di nero, grandi occhiali da super-vip, piccoli short da Supervixen, in una mano la valigia griffata, nell'altra il capo dolente probabile eredità del concerto della vigilia. Fotografi e giornalisti la assalgono, lei s'infila in una decappottabile d'antan e chiede al famoso autista scostumato di procedere.
In Mugello andata e ritorno. È qui che parte la musica, è qui che inizia la festa: si accende la radio che dà il titolo alla canzone, la pop-star pare riprendersi dalla sbornia e si mette a cantare. Giro per il Mugello andata e ritorno, ci si ferma appena davanti alla chiesa di borgo Ognissanti dove due contorsionisti afroamericani si sfidano a ballare. La signora sembra gradire, tanto che si carica in auto quello dei due che indossa pantaloncini aderenti Stars and Stripes. Qualche altro pezzo di varia umanità viene raccattato a una pompa di benzina, poi si uniscono alla festa due prostitute e un magnaccia impellicciato con tanto di narghilé in mano e la comitiva è completa. Intanto la folla osannante la applaude, qualcuno le indirizza un «Ciao, Madonna» mentre lei sfila sui lungarni ancheggiando. A voler essere gentili, si può dire che il dialogo tra musica e arti figurative ha prodotto pagine più alte da un secolo a questa parte.
Il tour degli scandali programmati. Intanto il tour mondiale prosegue, con performance d'incasso non sempre esaltanti. E sarebbe strano il contrario: la crisi è sempre qua e Nostra Signora del Pop non sembra volerne sapere di intercedere per ottenere ai suoi fedeli prezzi più contenuti. Per ora siamo in Gran Bretagna ma a breve ci si sposterà di nuovo verso l'Europa dell'Est, con tappe in Polonia e Ucraina. Il live act proposto da madama Louise Veronica Ciccone non tradisce la liturgia canonica: a parte simulazioni di orge e crocifissi sbeffeggiati, da maggio a oggi la Nostra ha mostrato due volte il capezzolo e una le terga. Sulle prime ci si scandalizzava, da un po' di tempo a questa parte per fortuna meno. Perché nello showbiz storie del genere prima o poi vanno a finire come quella del famoso Marziano a Roma raccontato da Ennio Flaiano. Uno sbadiglio vi seppellirà.
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