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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2012 alle ore 17:01.

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Un sacerdote mostra la grandezza delle dita della statua del Cristo Redentor di Rio de Janeiro in una foto del 1930Un sacerdote mostra la grandezza delle dita della statua del Cristo Redentor di Rio de Janeiro in una foto del 1930

Pubblichiamo di seguito un articolo pubblicato sulla Domenica del Sole del 22 luglio.

«Santità, siamo pronti!». Papa Gregorio XVI e la sua corte sono immobili e irrigiditi davanti a uno strano oggetto: una grossa scatola di legno con un soffietto, montata sopra un trespolo e coperta da una stoffa scura. È il 1845. I Palazzi Apostolici stanno per vivere una giornata memorabile: l'abate Vittorio della Rovere si appresta a scattare la prima fotografia della storia a un pontefice.

Appena inventata, questa «diavoleria moderna» ha trovato in Vaticano adepti entusiasti e competenti, e paradossalmente il primo papa a venir fotografato (Gregorio XVI Cappellari) è uno dei più restii a benedire invenzioni e innovazioni. In realtà, le sacre mura vaticane erano state testimoni delle fasi addirittura più antiche e sperimentali dell'invenzione della fotografia. Si sa, ad esempio, che nel 1822 Joseph Nicéphore Niepce tentò di imprimere le sembianze di Pio VII Chiaramonti su una lastra di vetro. Non ci riuscì ma la strada della modernità aveva comunque tentato di fare tappa in Vaticano.

Il boom della fotografia si ebbe con il pontificato di Pio IX. A partire dal 1860, papa Mastai Ferretti promosse con vigore l'arte della fotografia sponsorizzando numerose campagne fotografiche e accettando volentieri gli album fotografici che fedeli e ammiratori gli inviavano in dono da tutto il mondo.

L'amore per la fotografia di Pio IX si trasformò in autentico entusiasmo con Leone XIII. Tanto per cominciare, papa Pecci commissionò nel 1883 al pittore Domenico Torti un bell'affresco per la Galleria dei Candelabri in Vaticano dove volle fosse raffigurata l'Allegoria della Scienza della Fotografia nelle sembianze di una donna vestita di giallo, seduta tra le nuvole, con lo sguardo rivolto al cielo, assistita da un forzuto angioletto sostenente (piuttosto a fatica) una grossa macchina fotografica. Leone XIII fu anche il primo papa a inserire la parola «fotografia» in un'enciclica. Ma questo è nulla: in preda all'entusiasmo e all'ispirazione, il Pontefice scrisse anche una dotta ode in latino dedicata alla nuova forma di rappresentazione. Oh, Sancta Photographia!

Ma oggi, dove sono e come sono conservate le foto dei papi? E quante sono nel loro complesso? E ancora: che tipologie di immagini rappresentano? Rispondere a queste domande è molto facile. La raccolta fotografica papale è conservata nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Biblioteca Apostolica Vaticana, che conta circa 200mila fotografie ed è affidata alle mani esperte di Barbara Jatta, storica dell'arte e responsabile del Gabinetto grafico, che insieme a un pool di giovani e intraprendenti colleghe (una vera e propria enclave di donne in Vaticano) non solo studia, conserva e promuove la conoscenza dei fondi fotografici ma ne sta curando il progressivo trasferimento sui supporti informatici. Gli studiosi che frequentano la Biblioteca Vaticana possono ovviamente richiedere la consultazione delle fotografie, conservate in album o in scatole apposite. Ma anche chi non varca i Sacri Palazzi per motivi di studio può farsi adesso un'idea chiara di queste raccolte grazie a due bellissime pubblicazioni edite dalla Biblioteca Apostolica.

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