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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2012 alle ore 08:15.

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È una storia affascinante, quella che John Barrow racconta in questo libro. La lunga storia che ha avuto per oggetto l'universo, questo «unico fatto eccezionale e ancora poco compreso». Cos'è l'universo? Sembra un interrogativo semplice, ma è tra le domande più difficili che l'umanità si sia mai posta. Nell'antichità gli uomini hanno raccontato storie diverse, a seconda delle latitudini, per descrivere quello che vedevano intorno a sé.
Nel De rerum natura Lucrezio introduce il termine universum per indicare «tutte le cose che ruotano in una», in accordo con la cosmologia di Aristotele secondo cui la sfera cristallina delle stelle fisse ruota comunicando il moto al suo interno alle sfere dei pianeti, con al loro centro la Terra immobile. È la concezione ripresa verso il 130 d.C. da Claudio Tolomeo nell'Almagesto, e raffinata con un complesso sistema di cerchi («deferenti» ed «epicicli») per dar conto degli apparenti movimenti retrogradi di alcuni pianeti. Il modello tolemaico fu adottato per oltre mille anni, e continuò a esserlo per un certo tempo anche dopo che Copernico col suo De revolutionibus orbium celestium nel 1543 aveva tolto alla Terra la sua posizione privilegiata ponendo il Sole al centro dell'universo.
Nonostante la condanna della Chiesa (che Barrow "dimentica" di ricordare, così come il nome di Galileo) la teoria copernicana si affermò nel corso del Seicento, perfezionata da Kepler e descritta matematicamente da Newton. Il "sistema del mondo" newtoniano, nel l'esposizione che ne diede Laplace alla fine del Settecento, divenne il modello di universo comunemente accettato per oltre un secolo. Finché i matematici capirono che, oltre a quella di Euclide, altre geometrie erano possibili, e logicamente altrettanto coerenti. Quelle geometrie "non euclidee" potevano fornire un nuovo quadro dell'universo astronomico, come per primo immaginò Karl Schwarzschild nel 1900.
Tutte queste "storie" costituiscono la premessa alla svolta radicale operata da Einstein nel 1915 con la teoria generale della relatività, «ritenuta da molti – dice Barrow – la più straordinaria creazione della mente umana».
Le sue nuove leggi della gravitazione spiegavano come sarebbe stata la forma dello spazio e la velocità del flusso del tempo per qualsiasi configurazione di massa ed energia. Allo scopo dovette formulare nuove equazioni scritte nel linguaggio del calcolo tensoriale, creato da Ricci Curbastro e Levi Civita, che Einstein apprese dall'amico Marcel Grossmann. Nella teoria di Einstein, ebbe a dire una volta il grande fisico americano John Wheeler, «la materia dice allo spazio come curvarsi. Lo spazio dice alla materia come muoversi».

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