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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2012 alle ore 12:27.
Al Mic - Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza (Ravenna) c’è Mimmo Paladino. Le grandi ceramiche, un viaggio sperimentale dentro la materia (fino al 7 ottobre 2012). Si tratta di un centinaio di opere - tra cui degli inediti realizzati ad hoc per l’occasione – per una personale senza precedenti. Il percorso espositivo si snoda lungo gli spazi museali con il coinvolgimento diretto e immediato del visitatore: sculture di grandi dimensioni, installazioni complesse accanto a produzioni minori testimoniano della colta e poliedrica personalità dell’artista. A tratti quasi brutale nell’utilizzo di materie primordiali come la terra (nella sua forma più primitiva e meno accattivante), Paladino espone opere fondamentali della sua produzione che pongono l’accento sul suo linguaggio di artista mediterraneo in un susseguirsi di segni, simboli e continui rimandi all’epos. Sculture dipinte che assumono la forma di quadri tridimensionali, lastre nelle cui concavità sono celati oggetti dal forte impatto emotivo, dischi e torri di dimensioni tali da rimandare alle ciclopiche fortificazioni micenee. Il percorso diventa quasi una narrazione di vicende e suggestioni in un tragitto di grande sperimentazione.
Ad Anghiari (Arezzo) presso il Museo Statale di Palazzo Taglieschi (fino al 4 novembre 2012) c’è Arte della Contraffazione - Contraffazione dell'Arte. Il pretesto è la scoperta di un falso inedito di Alceo Dossena (1878-1937): una Madonna col Bambino, in legno policromato recante la firma – apocrifa - del Vecchietta.
Di un falso con queste caratteristiche – ma creduto in terracotta - si erano perse le tracce dagli anni Venti del Novecento, quando Dossena e altri falsari toscani furono protagonisti di un celebre scandalo, che coinvolse collezionisti d’oltreoceano. Si trattò della vendita di un altorilievo che passò come capolavoro di Donatello e per la cifra stratosferica (a quei tempi) di 3 milioni di lire. La mostra raccoglie, attorno a questa scultura suggestiva, una serie di copie, opere in stile e veri e propri falsi: tra questi, celeberrime, le tre teste lapidee attribuite per un periodo ad Amedeo Modigliani, centro di una colossale burla architettata a Livorno negli anni Ottanta, da tre studenti.
A Bracciano (Roma), presso il Castello Odescalchi la mostra Ciak al Castello (fino al 6 gennaio 2013) illustra i fasti dello storico maniero (già teatro di matrimoni principeschi) quale set d’eccellenza per più di 150 produzioni cinematografiche e televisive, dagli anni ’50 a oggi. Un connubio decisamente felice e fertile di rimandi, quello tra la residenza nobiliare e le arti dell’audiovisivo, che da oltre sei decadi invadono sale e corti, torri e camminamenti, rivelando ogni volta spazi nascosti e chiusi al pubblico. Obiettivo della mostra è quello di offrire ai visitatori una nuova chiave di lettura del patrimonio storico e artistico del Museo del Castello, della sua lunga storia, e della versatilità di una così imponente dimora. Con una selezione di filmati, foto e costumi di scena la mostra ricostruisce i set di film, fiction e documentari girati nelle sale e negli esterni, spesso reinventati da registi e scenografi. “Venere imperiale”, “Il tormento e l’estasi”, “La cintura di castità” (con una serie inedita di foto di scena di Monica Vitti),” C’era una volta”: alle grandi produzioni del passato si affiancano le recenti “Elisa di Rivombrosa”, “Edda Ciano Mussolini”, “Coco Chanel”.
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