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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2012 alle ore 13:26.

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Uno scorcio di Piazza della Signoria a Firenze con la copia del David di MichelangeloUno scorcio di Piazza della Signoria a Firenze con la copia del David di Michelangelo

Stil novo. La rivoluzione della bellezza da Dante a Twitter è un libro così complesso e sfaccettato che si fa fatica a credere che Matteo Renzi abbia potuto scriverlo tutto da solo, senza neanche un aiuto, qualcuno da ringraziare. Eppure è così: persino la scherzosa cronologia fiorentina che chiude il libro, dal 59 a.C. (nascita di Firenze) al 2012 (cinquecentenario della morte di Vespucci), sembra essere farina del suo sacco. Sindaco di Firenze, padre di tre figli, presenza ormai famigliare nei talk-show televisivi - uno si domanda, tra ammirato e perplesso, di quante ore sia fatta la giornata di Matteo Renzi.

Stil novo è complesso perché Renzi si muove su due piani. Da un lato, illustra episodi eroici della storia fiorentina - i guelfi e i ghibellini, il tumulto dei Ciompi, i banchieri medievali che finanziano i re inglesi - e soprattutto ragguaglia su personaggi esemplari come Dante, Michelangelo, Brunelleschi. Dall'altro, mostra al lettore come un'adeguata riflessione su quegli eventi e su quei personaggi lo abbia guidato nella sua attività politica, e possa tutti guidarci verso un avvenire prospero e felice. Un nodo virtuoso stringe insieme il passato e il futuro, basta saperlo vedere: «L'uomo può ciò che vuole, scriveva Leon Battista Alberti, in una frase citata anche da Steve Jobs mentre si accingeva a rivoluzionare il mondo presentando l'iPhone». Nella visione di Renzi, la storia è maestra di vita non nel senso che se uno la conosce sarà poi meno propenso a dire o a fare delle sciocchezze, e che insomma non essere ignoranti è sempre meglio che esserlo, ma nel senso preciso secondo cui la virtù degli antichi è la pietra di paragone a cui va saggiata l'esperienza dei moderni. Questa ingenuità un po' scolastica porta a idealizzare il passato, e l'idealizzazione produce simpatici sfondoni del tipo: «Secondo i Medici, la qualità dei governanti si misura dalla cultura dei cittadini … Il Rinascimento si sviluppa a Firenze anche perché i trovatelli degli Innocenti ricevono la stessa educazione dei figli delle famiglie ricche». E siamo solo a pagina 14. Per il migliore bisogna arrivare a pagina 138: «Allora il sistema delle borse di studio premiava il merito davvero». A commento delle idee di Renzi circa la dialettica tra passato e presente si potrebbero citare le pagine di Guicciardini sui Discorsi di Machiavelli, quelle in cui Guicciardini dice che, per capire quel che ci succede intorno, la «lezione delle cose antiche» non serve poi a molto. Oppure, più breve e icastico, questo dialogo tra la dottoressa Melfi, analista, e il suo paziente, e capomafia, Tony Soprano. Melfi: «So, you want to be a better gang leader? Read Sun Tzu!». Tony Soprano: «You know what? Fuck you».

Renzi è un politico, non un uomo di pensiero. Perciò, tutta l'intelligenza degli uomini del passato si presenta ai suoi occhi sotto forma di cose: la cupola di Santa Maria del Fiore, la flotta di Vespucci, il David di Michelangelo. E lo stupore, l'ammirazione che è giusto nutrire di fronte a queste cose si traduce non - per ipotesi - nell'esortazione a coltivare silenziosamente lo studio che ha prodotto quelle opere, bensì in un impulso ad agire. Il pensiero va bene, ma quella che conta davvero è l'azione. Ne deriva che chi riflette, chi indugia, chi ritarda l'azione con obiezioni dettate dalla prudenza, chi semplicemente difende lo stato di cose esistente è, ipso facto, l'Avversario: «c'è chi deve dire di no a prescindere perché bisogna difendere la malinconia dello status quo». L'Avversario, come si sa, ha tanti nomi. C'è il Burocrate con le sue scartoffie; c'è l'Alto Dirigentone Romano (testuale), col suo mega-stipendio; c'è il Politico, che fa l'interesse del suo partito e non quello del Paese; ma ci sono soprattutto i loro omologhi nel campo della cultura, e cioè gli Specialisti («certe cose si devono tacere, altrimenti gli specialisti si arrabbiano»), i «Custodi dell'ortodossia», i «Sacerdoti delle soprintendenze» e, soprattutto, i «Professoroni». Ora, mentre il mondo per il quale Renzi si batte è un mondo a colori, aperto alla curiosità, alla ricerca e alla sorpresa (i tre termini sono, di fatto, intercambiabili, perché alonati dello stesso senso di novità: vedi l'impressionante pagina 85), questi baluardi del Vecchio, questi settari al soldo delle élites (sempre l'incredibile pagina 85) si aggirano con «le loro cravatte d'ordinanza» in un mondo grigio, malinconico, soporifero: «Dimenticano, lorsignori, che fosse stato per loro il genio sarebbe stato sempre tarpato» (sempre la vertiginosa pagina 85).

Questo livore nei confronti degli Avversari rispecchia una piega del carattere di Renzi, della sua Weltanschauung diciamo, ma reagisce anche a vicende recenti, come la caccia alla Battaglia di Anghiari di Leonardo dietro gli affreschi del Salone dei Cinquecento o la proposta di costruire finalmente una facciata alla chiesa di San Lorenzo: «si indice un nuovo concorso tra gli architetti contemporanei più tosti». In queste e altre circostanze, Renzi si è «scontrato con la chiusura degli addetti ai lavori» (in prima fila, e per lungo tratto da solo, Tomaso Montanari), e questo per il triste motivo che «in Italia, e a Firenze in particolar modo, le volontà dei sindaci non sono progetti. Sono più o meno suggerimenti, banali idee da sottoporre a scrupoloso vaglio della burocrazia». Scandaloso, non è vero?

Questo interventismo culturale si associa a una visione politica anch'essa dinamica, fattiva, ma dalla quale è bandita ogni idea di conflitto o, se è per questo, ogni idea di complessità. Le opinioni che Renzi difende sono quelle su cui chiunque esprimerebbe un accordo di massima durante una conversazione in spiaggia, al taglio dell'anguria. Ma certo, c'è una burocrazia terrificante, bisognerebbe snellire tutte le procedure. Ma certo, bisognerebbe licenziare i professori fannulloni e premiare quelli bravi. Ma certo, tutti devono avere le stesse possibilità, poi però è chiaro che il chirurgo bravo opera, e l'incapace no. La conversazione agostana s'incarta di solito sul come. Come fare? Qualsiasi persona seria trema di fronte a questa domanda. Come evitare, infatti, che la soppressione della burocrazia dia via libera all'arbitrio? (Ovvero: come evitare che Matteo Renzi, laureato in Scienze politiche, uno che pensa che la battaglia di Gavinana abbia avuto luogo nel quartiere di Firenze che porta quel nome, decida di cambiare la facciata di San Lorenzo?) Chi stabilisce chi sono i professori da licenziare? Quelli che non piacciono agli studenti? Quelli che non piacciono ai genitori? Oppure queste cose «si sanno»?

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