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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2012 alle ore 15:18.

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Gerardo Marotta, fondatore dell'Istituto Italiano per gli Studi filosofici di Napoli (Ansa)Gerardo Marotta, fondatore dell'Istituto Italiano per gli Studi filosofici di Napoli (Ansa)

È paradossale che tale volto sia stato invece pienamente ricono¬sciuto nei centri più avanzati della cultura mondiale, dal Warburg Institute di Londra, all'Ecole des Hautes Etudes di Parigi all'Insti¬tute for Advanced Study di Princeton. Forse è vero che "Nemo propheta in patria". Fu Paul Dibon a dare per primo l'annuncio che grazie all'Istituto Napoli era ridiventata un "crocevia della cultura mondiale". A questa valutazione dell'insigne storico francese si sono ben presto affiancate quelle altrettanto lusinghiere di Fumaroli, Derrida, Gadamer, Toth, Gombrich, in breve, della migliore cultura d'Europa e d'America. Tutto ciò a testimonianza della vis abtractiva che l'Istituto ha saputo esercitare nei confronti dei più avanzati centri di ricerca umanistica e scientifica mondiali.

L'Istituto di Napoli ha aperto uno spazio di comunicazione e di scambio fra umanisti e scienziati di tutto il mondo, costituisce un forum permanente in cui i giovani possono ascoltare portavoce dei più diversi orientamenti nei vari settori di ricerca, è diventato un mediatore dello spirito europeo contro ogni angusta visione localistica, ha creato una fitta rete di scambi e di rapporti fra le princi¬pali istituzioni culturali del mondo, proiettando la cultura italiana all'estero. Nello stesso tempo, sia nella sede di Palazzo Serra di Cassano in Napoli, sia nelle sedi delle duecento Scuole di Alta For¬mazione in altrettanti comuni dell'Italia meridionale, l'Istituto ha messo in contatto migliaia di giovani, ricercatori, insegnanti, col meglio della cultura internazionale, svolgendo così, fra l'altro, un ruolo antagonistico nei confronti di fenomeni degenerativi del tes¬suto sociale e del sistema scolastico locale.

A questa intensissima attività formativa, se ne aggiunge una altrettanto intensa di ricerca, che ha dato luogo a una imponente produzione editoriale (oltre tremila volumi pubblicati in Italia, ma anche in Francia, Germania, Inghilterra, Romania, Cina), la quale a sua volta ha dato impulso alla creazione di nuove, qualificate case editrici nella città di Napoli e dato alimento alla produzione di antiche case editrici dell'Italia meridionale. L'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici costituisce la testimo¬nianza della tenacia della miglior parte degli Italiani nel non volersi arrendere dinanzi alle difficoltà, mostrando la robusta tempra di uno spirito civico che guarda all'interesse generale e che ha a cuore le sorti della filosofia e della cultura umanistica e scientifica come palestra d'intelligenza e di democrazia.

Dopo trentasei anni d'ininterrotto lavoro, che si è meritato il plauso delle Nazioni Unite, dell'Unesco, del Parlamento europeo, ci sembra che sia giunta l'ora che le autorità istituzionali italiane di ogni ordine e grado trovino finalmente una soluzione ai problemi della biblioteca dell'Istituto e di una foresteria per quella Scuola di Studi Superiori che l'Istituto ha concepito e avviato nel 1980 e che offrirebbe a Napoli l'occasione decisiva per porsi in maniera sta¬bile al livello delle città europee della scienza e della vera cultura. Come pure, risulta ormai indispensabile provvedere a un finanzia¬mento stabile dell'Istituto, la cui esistenza stessa è oggi a rischio: sarebbe un grave danno per il nostro Paese e provocherebbe uno scadimento della reputazione dell'Italia negli ambienti culturali e scientifici esteri se venisse a mancare la presenza dell'Istituto, preziosa non solo per le Scuole di filosofia, ma anche di scienze aperte in varie parti del mondo (Londra, Heidelberg, Parigi, etc.), ma soprattutto per quelle duecento scuole di alta formazione che fun¬zionano in altrettante località dell'Italia meridionale dal 1993 e che rappresentano nel Mezzogiorno d'Italia un'arteria importante di flussi vitali per le giovani generazioni che vive in località decentrate.

Un serie di sconfitte negli ultimi due secoli ha separato Napoli dall'Europa e dal mondo più civilizzato: dapprima la sconfitta della Repubblica del 1799 di fronte all'incalzare dei lazzari e delle forze feudali, poi la sconfitta dei liberali e dei discepoli di Francesco De Sanctis sulle barricate del 1848, infine la sconfitta della Napoli migliore, dei Nitti e dei Croce, di fronte al Fascismo. Se ora l'opera trentennale dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che ha cercato di porre riparo a queste sconfitte e di ridurre la distanza tra Napoli e il mondo più evoluto, dovesse venire meno, il solco che la storia più recente ha scavato fra questa città di antica civiltà e i centri più avanzati di produzione di cultura e di scienza diventerebbe sciaguratamente incolmabile una volta per tutte.

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